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Boehringer, si trasferisce a Milano da Reggello. Merck o vende o chiude a Pavia

Boehringer, si trasferisce a Milano l’ultima divisione rimasta a Reggello. Si conclude una storia lunga quasi mezzo secolo

Il reparto Chc della Boehringer lascerà Reggello entro giugno e verrà completamente trasferito a Milano. E’ l’ultima divisione rimasta in questi anni in Valdarno della multinazionale farmaceutica di Ingelheim. 34 dipendenti ancora occupati: accordo con i sindacati in via di definizione. Domani in programma l’incontro con l’azienda. Si chiude una storia lunga 40 anni.

Data della notizia:  25.11.2014 – di Eugenio Bini – valdarnopost

Addio Boehringer. La divisione Chc. l’ultima rimasta, si appresta a lasciare il Valdarno entro giugno 2015. Attualmente occupa 34 dipendenti.

Il reparto dei farmaci senza obbligo di prescrizione medica è l’ultimo rimasto attivo a Prulli. Fino al 2011 la multinazionale tedesca occupava più di 400 dipendenti. Poi venne dato avvio al trasferimento a Milano mentre già nel 2009 l’Istituto De Angeli,  il reparto produttivo dell’azienda – che attualmente occupa lo stabilimento – venne venduto alla multinazionale francese Fareva.

Così della vecchia realtà Boehringer era rimasto il reparto informatico – di una società dell’empolese – e la divisione Chc, dei farmaci da banco, mentre quattro persone continuano a lavorare per la multinazionale farmaceutica attraverso il telelavoro.

Nelle scorse settimane Boehringer ha comunicato l’intenzione di chiudere anche il reparto Chc e di trasferire il personale a Milano. Un’operazione che verrà portata a compimento a scaglioni entro giugno 2015.

La vertenza sindacale è stata aperta, come sottolinea Alessandro Picchioni, della Filctem Cgil. Domani è stato fissato un nuovo incontro tra azienda e sindacati.

Finisce così una storia – quella che lega la multinazionale di Ingelheim sul Reno a Reggello –  lunga più di 40 anni.

«Vendita Merck, serve tempo»

L’appello di lavoratori e istituzioni, azienda apre ma serve l’ok della casa madre. Vertice a Roma

di Anna Ghezzi – 25 novembre 2014 – la Provincia Pavese

PAVIA. Mentre la Merck, intesa come il colosso farmaceutico americano, compra per 50 milioni di euro più royalty i diritti commerciali sul vaccino sperimentale contro l’ebola della NewLink Genetics Corp’s, i 184 lavoratori dello stabilimento Merck a Pavia sono ancora sospesi tra la chiusura dello stabilimento senza se e senza ma e la possibilità che arrivi un altro acquirente dopo il fallimento della trattativa con Zambon. La trattativa con l’azienda vicentina è chiusa, nessuno spiraglio all’orizzonte: la conferma è arrivata ieri mattina all’incontro convocato dal prefetto Giuseppa Strano Materia su richiesta delle organizzazioni sindacali. Confermata la finestra fino al 31 marzo: ritarda di tre mesi la chiusura della produzione in via Emilia. Ma vendere in quattro mesi sembra impossibile, per questo dal tavolo è arrivata la richiesta di avere più tempo. Qualche mese in più. La risposta arriverà direttamente al tavolo richiesto al ministero dello sviluppo economico, ma l’ultima parola spetta alla casa madre Usa.

Erano più di venti, a quel tavolo, ieri mattina: il sindaco Massimo Depaoli e il consigliere Davide Ottini, il presidente della provincia Daniele Bosone e l’assessore Francesco Brendolise, un rappresentante della Regione (assente invece l’assessore Mario Melazzini), il presidente di Confindustria Francesco Caracciolo, le rappresentanze sindacali unitarie e i sindacati confederali (Renato Losio e Giorgio Mercuri per la Cgil, Gianni Ardemagni per la Cisl, Carlo Barbieri e Pietro Cavallaro per la Uil). Ma c’erano anche Giovanni Parisi, responsabile del personale, Goffredo Freddi, rapporti istituzionali, e Stefano Verona, direttore dello stabilimento di via Emilia. «Merck ha evidenziato le ragioni dell’interruzione della trattativa con Zambon – spiega Ottini – ovvero per divergenze rispetto a quanto concordato nella lettera di intenti di fine agosto. Zambon avrebbe fatto altre richieste che Merck non era disposta a soddisfare in toto. La trattativa è formalmente chiusa, lo stabilimento di nuovo sul mercato. Avremo un tavolo al ministero dello sviluppo entro metà dicembre». «Ritengo positivo che istituzioni e parti sociali spingano Merck a considerare soluzioni industriali e occupazionali alternative a Zambon – spiega Ardemagni, Femca –. È necessario per favorire questo obiettivo, che lo stabilimento rimanga produttivo per il tempo necessario a concretizzare». Un po’ di tempo si ripsarmierà dato che tutti i dossier sono già pronti – dice Mercuri, Filctem – e che si partirà dall’accordo raggiunto con Zambon. Abbiamo apprezzato la sensibilità delle istituzioni unite per trovare una soluzione: per farlo, però, Merck deve dare più tempo». «Chiediamo all’azienda di fare di tutto per trovare un nuovo acquirente – sottolinea Barbieri, Uil – e avere più tempo è indispensabile». «Noi tutti auspicavamo che con Zambon si sarebbe arrivati a una soluzione per il caso Merck – chiude Caracciolo, Industriali – Noi faremo la nostra parte per trovare nuovi investitori, è in gioco l’attrattività dell’intero territorio». E il futuro di oltre 500 famiglie, se si conta anche l’indotto della farmaceutica che produceva 2,7 miliardi di pastiglie l’anno.

Redazione Fedaisf

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