Le ultime immagini che deve aver visto sono le strette pareti di un asettico laboratorio farmaceutico e il bianco glaciale dei camici degli sperimentatori. La sua gabbia era sporca, andava lavata; così è stata spostata nella sala predisposta per il lavaggio e la sanificazione e immersa in acqua bollente. Ma lui, un povero macaco destinato alla sperimentazione animale, era ancora intrappolato lì dentro. Nessuno se ne è accorto fin quando la sua prigione non è stata sollevata dalla macchina per il lavaggio.
La scimmia giaceva ormai inerme al suo interno, bruciata letteralmente viva dai suoi aguzzini. Massacrata inutilmente e con crudeltà nell’indifferenza più totale. È successo a Pennington, nel New Jersey, all’interno dei laboratori della società farmaceutica Bristol-Myers Squibb. A rivelare l’orrenda vicenda un rapporto del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), pubblicato la scorsa estate che sta sollevando numerose polemiche.
Jennifer Fron-Mauer, un portavoce di Bristol-Myers, descrive la morte della scimmia come "uno sfortunato evento" e dice che la società “ha avviato subito un’indagine interna”: "la nostra azienda è sempre molto attenta al rispetto delle rigorose procedure di manipolazione sicura dei nostri animali, che sono progettate proprio per prevenire questo tipo di incidenti”, ha sottolineato Fron-Mauer.
Ma le affermazioni dell’azienda, presente anche in Italia, “dal 1946, anno in cui ha portato per prima la penicillina nel nostro Paese”, si legge sul suo sito, non convincono affatto l’associazione animalista Stop Animal Exploitation NOW (Saen), che ha presentato una denuncia contro la Bristol-Myers e ha chiesto "ulteriori azioni punitive dell’azione, compresa una multa". Michael Budk