BITONTO – «Ecco, questo è il mio nuovo posto di lavoro». Vincenzo Daucelli, occhi azzurri e capelli brizzolati, mostra con un sorriso un banco di scuola ingombro di penne e quaderni. Laurea in Farmacia, informatore scientifico per 31 anni, poi ancora all’Università per diventare educatore e infine a scuola, nella I C dell’Istituto tecnico «Vitale Giordano» di Bitonto. Il compagno di banco è il figlio Giulio, un ragazzone di 14 anni: tutta l’energia della vita è come intrappolata nel suo corpo da adolescente. «Disturbo autistico ad alto funzionamento», spiega Vincenzo, che sceglie di uscire dalla privacy con la «Gazzetta» per raccontare il suo percorso innovativo.
Giulio, perfettamente integro dal punto di vista cognitivo e del tutto autonomo, ha disturbi del linguaggio e del comportamento che rendono indispensabile una «figura ombra». Racconta Vincenzo: «Ho cominciato a studiare con Giulio da quando aveva 3 anni. Tornavo da lavoro e passavo con lui interi pomeriggi. Già allora avevo capito che nella scuola gli insegnanti di sostegno, per quanto competenti, volenterosi e disponibili, non avrebbero mai potuto sostenere del tutto Giulio».
La legge italiana prevede, oltre all’insegnante di sostegno, la possibilità di ingaggiare educatori privati, autorizzati dai dirigenti scolastici e pagati dalle famiglie, per assistere nello studio in classe gli studenti disabili. Così, mentre Giulio frequenta la scuola media, già affiancato da un’educatrice professionista, Vincenzo decide di tornare all’Università e di prendere il titolo di studio che gli permetta di seguire suo figlio alla scuola superiore.
«Grazie all’infinita disponibilità dei docenti e del preside di questa scuola – commenta Vincenzo – in questo anno abbiamo sperimentato un modello di didattica forse unico in Italia: un percorso di studi perfettamente tarato sulle esigenze di Giulio».
Vincenzo così è diventato il ponte di comunicazione fra i docenti e il mondo segreto che si agita in Giulio. Il ragazzo segue la programmazione paritaria, senza sconti di orari e di contenuti, va all’interrogazione, fa i compiti in classe. Il padre, a suo fianco, cerca di contenere i suoi scoppi di gioia e di rabbia.
«Con i docenti e i compagni di classe di Giulio stiamo costruendo qualcosa di unico, di eccezionale, anche perché sono consapevole del fatto che non tutti i genitori sono nelle condizioni, economiche, culturali e umane, di fare la stessa scelta di vita che ho fatto io». Ecco perché Vincenzo ha deciso di raccontare la sua storia. «Dopo le prime diagnosi, abbiamo ascoltato tanti medici e fatto decine di test: in tanti speculano sulla disperazione delle famiglie. Alla fine, dopo aver provato tutti i trattamenti previsti in casi come questi, ho voluto tentare la mia strada».
Il trattamento naturalista, lo chiama. «Usciamo, andiamo al cinema, a fare la spesa, suoniamo il piano. Giulio impara la vita vivendola, come tutti gli altri. Io sono contrario alle associazioni, alle strutture in cui i ragazzi vengono “parcheggiati” con gli educatori. Sono i genitori che dovrebbero andare dagli educatori, per imparare che cosa fare e come comportarsi con i figli».