Protagoniste del mondo manageriale da sempre, le grandi imprese farmaceutiche sembravano nascoste negli ultimi anni, coperte – nella letteratura manageriale – dal "solito" settore automobilistico, dai new media, dalla tecnologia, dall’economia delle esperienze. Ma a volte ritornano: così "Harvard Business Review" dedica un articolo speciale nel numero di maggio alla ricerca e sviluppo in queste imprese, da sempre benchmark di riferimento sul piano organizzativo per il Research &c Development in altri settori industriali. Del resto anche il forte interesse delle riviste manageriali per i temi etici impone un ritorno di attenzione verso il mondo dei farmaci e verso le organizzazioni che sul mercato offrono prodotti e servizi per la salute. Storicamente, scrive Jean-Pierre Garnier in "HBR", l’industria farmaceutica è stata un leader sul piano delle performance finanziarie e della creazione del valore. Negli ultimi anni il mercato azionario ha sollevato forti dubbi sulla sostenibilità dei successi in questo settore. In un certo senso l’industria farmaceutica è diventata il simbolo di una discussione sulla sostenibilità del capitalismo industriale, fondato sui paradigmi a oggi noti. In un mondo dove diritti d’autore, brevetti, vantaggi competitivi fondati sulla conoscenza sono entità fluide, come può l’industria sostenere una "gara" fondata sulla conoscenza? Dal 2000 al 2008 le 15 aziende leader del settore farmaceutico hanno costantemente perso valore sui mercati azionari. Pressioni sul fronte dei prezzi, richieste legislative, questioni legali e una forte diminuzione della produttività della ricerca e sviluppo hanno aumentato i costi e ridotto il fatturato delle imprese. Per questo l’articolo descrive l’esperienza di cambiamento in GlaxoSmithKline, un’impresa che ha deciso di ridisegnare l’organizzazione della ricerca e sviluppo, abbandonando la classica piramide gerarchica e ridefinendo piccoli gruppi, di cui è leader una persona capace di garantire servizi ad alto valore aggiunto, in modo decentralizzato. L’azienda ha capito che era necessario migliorare la qualità della leadership in questo ambito, riconoscendo che non esiste una ricerca e sviluppo superiore senza leader superiori. Infine l’azienda ha lanciato una rivoluzione culturale, facilitata anche dall’introduzione di sistemi di bonus che premiano coloro che davvero producono valore rispondendo ai bisogni dell’organizzazione e dei clienti. Secondo "The Economist", il cambiamento delle imprese farmaceutiche è dettato dalla rapida crescita nei Paesi in via di sviluppo. Nella gran parte della sua storia, il settore si era dedicato alle malattie che affliggono le persone nei paesi ricchi, investendo poco nella ricerca e sviluppo sulle malattie dei paesi poveri. M a la riduzione dei profitti nei paesi occidentali, sopra descritta, e la crescita rapida dei paesi in via di sviluppo, hanno imposto al settore una nuova strategia. Ancora una volta protagonista di una recente riorganizzazione è GSK. L’azienda ha integrato tutte le piccole divisioni che si occupano dei paesi in via di sviluppo in un grande gruppo dedicato. Novartis ha aperto un centro di ricerca a Shanghai e un altro a Singapore, fecalizzato sulle malattie tropicali. L’azienda ha capito che il cancro di origine virale è raro in Europa, ma comune in Cina. E inoltre asiatici ed europei rispondono in modo diverso all’anestesia. E l’innovazione riguarda anche il metodo commerciale in questi ambiti. Alcune aziende hanno adottato un programma di prezzi differenti, basati sul reddito procapite, per definire prezzi più bassi dei farmaci nei paesi poveri. Inoltre all’interno degli stessi paesi si stanno sperimentando politiche di prezzo diverse per le diverse fasce sociali, anche in assenza di intermediazione da parte dello stato sociale: un’assoluta novità
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