I politici sono sempre alla ricerca dell’equilibrio di bilancio in un settore dove mettere davanti il pareggio o le plusvalenze, significa farlo sulla pelle della gente.
Così si cercano finanziamenti supplementari e non trovando soluzione (o non volendo) si scaricano i costi sempre maggiori sugli utenti. Intanto i problemi rimangono sempre gli stessi. Commissione, dopo commissione, manager dopo manager, legislatura dopo legislatura.
Il problema è serio perché se pensiamo alla sanità esattamente come un esercizio economico, allora i costi e le strutture dipendono dal volume delle attività e dal consumo. Più clienti ho e più guadagno. Più pazienti ho e più è alto il mio incasso.
Un esercizio economicamente sano fa fatica ad essere anche vicino al cittadino. Se hai una malattia che per essere curata ha bisogno di trattamenti speciali e tecniche particolari, lo Stato non può non curarti, rivendicando il pareggio di bilancio.
Serve più cultura sanitaria, più informazione. I media hanno creato l’idea che la scienza medica sia la più esatta delle scienze (quando la medicina, scienza esatta non è!). Questa sensazione, molto rassicurante, ci porta spesso a cercare la cura ad ogni costo, il farmaco ad ogni costo. Questo ha come conseguenza il mantenimento di una illimitata richiesta.
E’ indispensabile oggi cambiare anche il rapporto tra medico e paziente, che troppo spesso somiglia a quello del tipo genitore/figlio. Deve diventare un rapporto tra adulti.
Chiunque sia stato ricoverato in ospedale ha potuto provare l’autoritarismo prescrittivo ed organizzativo su cui è fondato il sistema sanitario, soprattutto nel rapporto curante/curato. Il paziente è spogliato di ogni libertà personale, di ogni autonomia decisionale. Tutto il sistema, dalla sveglia, alle visite, ai pasti o alla possibilità di comunicare con l’esterno è pensato in funzione delle attività degli operatori e mai del paziente, che poi è quello che subisce in silenzio e paga la fattura. Questo è inconcepibile in un Stato democratico.
Mi fa molto pensare l’affermazione di Richard Smith, editore e direttore di una delle quattro più importanti riviste mediche del mondo, il British Medical Journal, quando dice che solo il 15% degli interventi medici sono basati su solide evidenze scientifiche.
Smith propone una sorta di “etica dell’ignoranza” per gestire questa mole di persone in cerca di cure. Soprattutto nella fase della consultazione. Torniamo al problema della cura ad ogni costo. Anche se non ho nulla o potrebbe passare in altro modo, meglio una prescrizione o un farmaco, non si sa mai.
E non è difficile pensare che questo pensiero diffuso sia stato “aiutato”. I costi dell’industria farmaceutica per il marketing e la promozione della prescrizione sono equivalenti, badi bene, alle spese investite per la ricerca.
Per esempio il consumo di medicinali per abbassare il tasso di colesterolo nei soggetti senza sintomatologie (tra il 20% e il 40% della popolazione di una nazione) aumenta la mortalità degli individui trattati. In più questa pratica è costosissima. Negli USA sono stati spesi più di 180 miliardi di dollari (avete letto bene, miliardi) in cinque anni. Soldi che potevano essere usati in altri campi, magari dando dei frutti migliori o messi a disposizione della ricerca medica.
Consumare 80 unità di Vitamina E diminuisce del 40% il rischio di morte per malattie cardiovascolari, analogamente a quanto avviene se si assume una sola aspirina, per di più a giorni alterni.
I medici sono molto influenzati dalla promozione dei farmaci, molto più di quanto ne siano coscienti. Uno dei pochissimi studi fatti sull’argomento è quello fatto in Svizzera nel 1979, rivelava che in media un medico riceveva almeno 3 informatori farmaceutici. Ogni medico riceveva 87 kg di materiale promozionale. Incredibilmente c’era una strana correlazione fra i farmaci più pubblicizzati nelle quattro maggiori riviste mediche svizzere e i maggiori farmaci prescritti.
La ricerca del 1979 concludeva che i medici sono molto meno liberi nelle prescrizioni di quanto credono e che non erano immuni agli effetti del marketing come qualsiasi altra persona.
Secondo la Food and Drugs Aministration (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) su 348 nuovi medicinali introdotti negli Stati Uniti fra il 1981 e il 1988 solo 12 farmaci avevano dato un importante contributo.
Ma non è tutto.
E poi ci sono altri esempi spaventosi. Negli USA ogni 100,000 abitanti vengono fatti il 50% di interventi chirurgici in più del Canada e due volte più dell’Inghilterra.Altri studi, sempre in terra svizzera, hanno trovato importanti differenze territoriali nel numero degli interventi chirurgici. Dal 40% in più all’incredibile 370% in più.
Chi si fa operare ha notevoli differenze sociali e la probabilità di subire questo o quell’altro intervento cambia a seconda dell’ospedale in cui si finisce o quale medico ti prende in cura. Le variabili possono essere: il numero di letti disponibili o il tipo di finanziamento delle cure, il sesso del medico oppure la presenza o meno di commissioni di controllo. Ma ancor di più influisce la scolarizzazione e le conoscenze mediche che si hanno, come dimostra questo grafico.
Alcuni esami non sono utili, se non alle casse degli esercizi, come per esempio il fatto che gli esami di nei e visite dal dermatologo sono aumentati vertiginosamente negli anni, ma la mortalità è rimasta esattamente la stessa. Come dimostrano questi dati:
Il 50% di donne che hanno subito una isterctomia (asporto dell’utero), continuano a fare una volta l’anno il Pap test.
L’esame della prostata ha il 40% di falsi negativi, e ad oggi l’unico modo di ridurre del 50% il rischio cancro alla prostata è avere 21 eiaculazioni al mese. Dobbiamo chiedere un piccolo sforzo alle nostre compagne o tenerci in esercizio, quasi quotidiano!
Questi sono solo alcuni esempi, scelti fra centinaia, che vogliono dimostrare che è ora per politici e amministratori, di andare oltre una visione puramente contabile di uno dei settori più importanti per un paese.
Un pensiero speciale lo rivolgo a Gianfranco Domenighetti, mio amico, ispiratore, Professore in economia sanitaria e Direttore della Sanità del Canton Ticino; uomo geniale e illuminante, che purtroppo ci ha lasciato.
Blog Beppe Grillo – 7 marzo 2018
N.d.R.: Ci permettiamo una osservazione alle affermazioni di Beppe Grillo sugli informatori scientifici. Grillo fa riferimento ad uno studio svizzero del 1979. In 39 anni la situazione è mutata profondamente, sia nel numero di ISF sia nelle normative.
Innanzitutto è cambiato il numero di ISF. Nei primi anni del 2000 il settore chimico-farmaceutico attraversava una fase di espansione e, di fatto, la maggior parte delle aziende farmaceutiche destinava il 30% delle risorse in pubblicità e solo il 12% del fatturato alla ricerca. 35mila ISF a fronte di 6mila ricercatori. Il rapporto era di 1 ricercatore ogni 6 informatori.
La politica di contenimento dei costi sia del SSN che dell’azienda farmaceutica che nel contempo rifocalizza il suo business su farmaci biotecnologici, abbandonando di fatto la medicina di base, sono alcuni tra i molti fattori che hanno portato negli ultimi anni ad una notevole riduzione di investimenti da parte dell’industria del farmaco in termini di risorse dedicate all’Informazione Scientifica.
Oggi gli Informatori Scientifici sono circa 15.000 a fronte di 46.061 medici di base e 7.716 pediatri di libera scelta. A questi si aggiungono 185.650 specialisti.
Oggi poi la preferenza prescrittiva del medico non nasce dalla forza del ricordo determinata dal numero dei contatti, ma dalla consapevolezza del valore del prodotto e della soluzione terapeutica collegata.
Per quanto riguarda le normative, dalla legge 484 del 1978 che già disciplinava l’informazione scientifica si è passati ad una serie di leggi e circolari ministeriali che regolamentavano l’attività degli ISF, fino al D.Lgs, 541/92 recepìto poi nell’attuale D.Lgs. 219/06. Completano il quadro normativo le Direttive Europee, Regolamenti Regionali, Sentenze di Cassazione, ecc.. Tutte le norme indicano che l’ISF non deve dipendere dal marketing, ma da un Servizio Scientifico indipendente.
Oggi l’attività degli ISF è probabilmente una delle più regolamentate al mondo proprio per evitare l’eccesso di marketing nel settore.
Ciò che manca è il controllo sull’osservanza delle leggi. Invitiamo Grillo a soffermarsi su questo aspetto, che è fondamentale sia per l’interesse dei cittadini e sia per la sopravvivenza degli ISF. Altrimenti ci saranno solo venditori di medicine, a cui però sarà impedito dalle AUSL l’accesso agli ospedali e ai medici.
E’ da notare anche che oggi i medici sono premiati se non prescrivono farmaci o puniti se ne prescrivono troppi.
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