Negli ultimi anni “è stato riscontrato uno spostamento” della distribuzione dei farmaci attraverso il canale per conto, cioè tramite le farmacie convenzionate, “a svantaggio della distribuzione diretta”, ovvero quella che avviene attraverso le strutture sanitarie. I dati, infatti, mostrano, “dal 2018 al 2021, un aumento dell’utilizzo del canale distribuzione per conto e una diminuzione del ricorso alla distribuzione diretta di classe A”, che comprende i farmaci essenziali e per le malattie croniche.
Così Francesco Trotta, dirigente Ufficio Monitoraggio della spesa farmaceutica dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), durante l’audizione in Commissione Affari sociali della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva su ‘distribuzione diretta’ e ‘per conto’. “La distribuzione diretta e la distribuzione per conto”, ha spiegato, “hanno un valore complessivo in termini economici di oltre 8 miliardi, che corrispondono ad acquisti fatti dal Servizio sanitario nazionale, e presentano una diffusione eterogenea sul territorio.
Ci sono regioni che hanno una distribuzione diretta spinta, tra cui è evidenziata l’Emilia-Romagna, in cui arriva a un’incidenza del 90% sul totale”. Per renderle comparabili, ha proseguito, bisogna concentrarsi sulla distribuzione diretta di fascia A (ovvero farmaci non somministrati direttamente in ospedale, che sono invece detti di fascia H) e che riguarda i farmaci per malattie croniche: “su 6,6 miliardi, il valore della spesa per i pazienti cronici vale 4 miliardi”.
La distribuzione per conto, invece, vale circa 2,1 miliardi e comprende, ad esempio, “nuovi anticoagulanti orali, antidiabetici, immunosoppressori e alcuni antitumorali”. Al momento, ha concluso l’esperto Aifa, “non ci sono evidenze di una differente compliance, o aderenza del paziente alla terapia, rispetto alle due modalità di distribuzione, ma vogliamo condurre approfondimenti specifici per capire se la modalità di erogazione possa influenzare, in un modo o in un altro, l’aderenza al trattamento prescritto”.
(Regioni.it 4246 – 01/03/2022)
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Nello Martini alla Camera: ecco perché alcune Regioni “gonfiano” diretta e dpc
Alcune Regioni gonfiano la lista dei farmaci affidati alla dpc e quella dei medicinali distribuiti nel primo ciclo terapeutico per aumentare il payback, tenere bassa la spesa convenzionata e ottenere così un “tesoretto” che può essere utilizzato per altri scopi. Lo ha detto Nello Martini, presidente della Fondazione ReS, nel secondo giro di audizioni organizzato l’altro ieri dalla commissione Affari sociali della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla distribuzione diretta.
Nel 2020, ha spiegato l’ex dg dell’Aifa, la dpc ha generato una spesa di circa due miliardi, per un costo medio a confezione di 40 euro. «Tra i farmaci che vengono distribuiti con questo canale» ha detto alla Commissione «figurano parecchi medicinali di fascia A destinati al trattamento delle patologie croniche, che quindi sarebbe più corretto collocare nel circuito della convenzionata.
Perché allora sono distribuiti per conto? In primo luogo per il risparmio, le Asl li acquistano dall’industria a un prezzo ex factory scontato di almeno il 50%». Ma, ha avvertito Martini, c’è anche un’altra convenienza che spinge per tenere in dpc farmaci che sarebbe più appropriato collocare nel canale della convenzionata: «Stando in dpc, questi medicinali vengono caricati sulla spesa per acquisti diretti, dove ogni sfondamento è ripianato per metà dall’industria; la spesa convenzionata viene così tenuta bassa e gli avanzi rimangono nella disponibilità delle singole Regioni».
In sostanza, il meccanismo consentirebbe alle Regioni di “fare la cresta” sulla spesa farmaceutica che passa dalle farmacie del territorio, soldi che poi sarebbero utilizzati per altre voci anziché per l’assistenza farmaceutica. Ma, ha avvertito Martini, la dpc è un modello superato e non più sostenibile, perché genera disuguaglianze e scarica sui pazienti un costo sociale sempre meno giustificabile.
«E’ giusto mantenere la distribuzione diretta per i farmaci ad alta complessità che richiedono il controllo del paziente» ha avvertito il presidente della Fondazione ReS «magari con l’aggiunta di servizi di home delivery e teleconsulto per non costringere gli assistiti ad andare in ospedale se non quando ricorre la visita di controllo». Occorre invece rimuovere dalla dpc e spostare in convenzionata tutti i farmaci indicati per i trattamenti cronici, risolvendo al contempo il problema della sostenibilità economica con una nuova remunerazione per le farmacie basata su un modello misto, quota fissa più margine. «Non dimentichiamoci» ha ricordato Martini «che il margine percentuale rappresentò il punto di crisi del sistema quando arrivò la prima generazione di terapie farmacologiche personalizzate, cioè ad alto costo».
Sarebbe invece un errore, ha detto ancora Martini, insistere sulla dpc nella speranza magari di portare in questo canale tutti i farmaci della diretta che non richiedono più un monitoraggio in ambiente protetto. Così, infatti, si relegherebbe la farmacia a una sorta di «contoterzista» distributivo che ne svilirebbe ruolo e potenzialità. Invece, la destinazione più appropriata dei farmaci il cui uso si è ormai “territorializzato” (Martini ha citato a titolo di esempio incretine e Nao) è il circuito della convenzionata, anche per ragioni di equità: «Non si capisce per quale motivo in Emilia Romagna il diabetico deve andare a prendere il farmaco di cui ha bisogno in ospedale e in Lombardia invece in farmacia» ha rimarcato. «La discrezionalità lasciata alle Regioni ha creato disparità», ha detto Martini a chiare lettere, «l’equità di accesso deve essere la barra del riordino del sistema». Quindi basta con liste di distribuzione differenti da una Regione all’altra e con differenti compensi alle farmacie per la dpc. «Vanno superate le diversità» ha concluso Martini «che creano enormi disagi ai pazienti». Aspettiamo la replica delle Regioni.
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Anelli (FNOMCeO): coinvolgere nella dispensazione anche le Case di comunità
Il presidente della Fnomceo Anelli ha invece inquadrato la questione nella cornice delle trasformazioni che, anche sulla spinta del Pnrr, interesseranno l’organizzazione sanitaria territoriale. Bisognerà dunque “ampliare la distribuzione diretta dei farmaci, coinvolgendo nella dispensazione anche le Case di comunità”, ma anche sviluppando l’invio dei medicinali a domicilio del paziente “per il tramite delle farmacie territoriali o con meccanismi diversi, valorizzando in ogni caso il ruolo dei medici di medicina generale per la prescrizione e dei farmacisti per la dispensazione”.
“Le norme attuali erano nate con l’obiettivo di migliorare l’equità di accesso alle cure” ha ricordato Anelli all’esordio del suo intervento. “Purtroppo, non tutte le Regioni hanno creduto sino in fondo in questo meccanismo e la distribuzione diretta e/o per conto risulta applicata a macchia di leopardo e con modalità diverse sul territorio”.
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Spesa farmaceutica, Aifa presenta il nuovo Report: “Nei primi 10 mesi del 2021 spesa ospedaliera supera il tetto di 1,6 miliardi”
Nei primi dieci mesi del 2021 la spesa farmaceutica calcolata al netto degli sconti, della compartecipazione totale e del pay-back versato alle Regioni dalle aziende farmaceutiche, è quantificata in 6.268,9 milioni di euro. E’ il dato che emerge dal report dell’Aifa per il periodo gennaio-ottobre.
Si registra una diminuzione, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, di -62 milioni di euro. Al contrario i consumi, espressi in numero di ricette (455,7 milioni di ricette), mostrano un lieve aumento (+1,6 %) rispetto al 2020, mentre l’incidenza del ticket totale si riduce leggermente (-1,6%).
Per quanto riguarda la spesa convenzionata regionale, sostenuta mediante il pagamento della Distinta contabile riepilogativa alle farmacie territoriali private e pubbliche, il report evidenzia che le regioni con la maggior flessione percentuale sono la Sardegna (-5,9%), Molise e Valle d’Aosta (-4,1%) e Provincia Autonoma di Bolzano (-2,9%).