L’immissione in commercio del medicinale in Italia è stata pubblicata in GU a giugno, ma la disponibilità in fascia C-NN aveva scatenato polemiche sull’accessibilità ai farmaci salvavita. Sanofi chiarisce però di aver già avviato le procedure per l’eventuale inserimento del farmaco nella classe H, a carico del Ssn.
08 LUG – Dopo Roche anche Sanofi chiarisce la sua posizione e le prospettive il farmaco aflibercept, uno degli antitumorali al centro delle polemiche sollevate dalle prime determine Aifa in base al decreto Balduzzi. “La disponibilità di aflibercept in classe C-NN (a pagamento) è solo un primo importante passo per i pazienti”, spiegano. “Ma Sanofi ha già avviato le procedure per il completamento dell’iter per determinare le condizioni di rimborso del farmaco per l’inserimento nella cosiddetta classe H, a carico del Servizio Sanitario Nazionale”.
La vicenda
La Determina AIFA per l’immissione in commercio del medicinale in Italia è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso giugno, e il farmaco, come riportano le indicazioni del Decreto Legge 158/2012 – noto come “Decreto Balduzzi” –, viene reso disponibile in classe “provvisoria” C-NN (classe C – Non Negoziata), a dispensazione esclusivamente ospedaliera. “Questo significa per i pazienti affetti da questa forma tumorale, particolarmente aggressiva, poter avere potenzialmente accesso alla terapia prima della conclusione dell’iter per la normale negoziazione del prezzo tra azienda e AIFA”, spiegano da Sanofi.
Ma l’immediata immissione in commercio in fascia C di questo antitumorale innovativo, in attesa della negoziazione per la rimborsabilità, ha sollevato grandi polemiche riguardo una probabile discriminazione all’accesso ai nuovi farmaci (tra i quali oltre ai due antitumorali di Sanofi e Roche c’era anche un anti-Aids): il loro prezzo rischierebbe di escludere dalla cura i pazienti che non hanno la disponibilità economica per acquistare subito la terapia, almeno fino a quando – e in questo senso non esistono termini massimi di tempo, purtroppo – autorità e aziende non trovano un accordo sul prezzo rimborsabile.
Dunque di fatto limiterebbe l’accesso a farmaci potenzialmente sal