Quando si scrive che la corruzione nella sanità è una metastasi, di solito assistiamo alle più varie reazioni: l’indignazione popolare, l’autodifesa contro le generalizzazioni, l’imbarazzo e il silenzio delle categorie coinvolte, la sorpresa tipo “non ci posso credere”. Quest’ultima si ha soprattutto se finiscono agli arresti anche luminari, o presunti tali, personaggi comunque conosciuti e riconosciuti dal mondo medico e scientifico.
Però, come sappiamo, a volte la realtà è più forte della fantasia e nell’ambito della corruzione può raggiungere vette elevate (come agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso quando fu arrestato il direttore generale del ministero, Duilio Poggiolini, che aveva nascosto un tesoro in soldi e gioielli, provenienti dai corruttori, dentro un pouf).
Nel caso del giorno la sorpresa si lega al personaggio coinvolto, anche se è più banale l’oggetto al centro della catena di corruzione: uno yacht, il “Pasimafi V”, che ha dato nome all’inchiesta a tappeto condotta dai carabinieri di Parma, portando all’arresto di 19 persone (75 gli indagati), tra medici e imprenditori farmaceutici di diverse aziende, con l’accusa di “associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e al riciclaggio…”, condita dai reati di abuso d’ufficio, peculato, truffa aggravata, trasferimento fraudolento di valori.
Ma ciò che appunto colpisce è il nome eccellente e ora agli arresti domiciliari: Guido Fanelli, proprietario della “barca”, notissimo nel campo della terapia del dolore, e collaboratore per molti anni del ministero della Salute. Per dire: il 20 aprile dello scorso anno Fanelli presentò “L’impegno contro il dolore, il manifesto dei medici italiani” all’Assemblea delle Nazioni Unite, convocata in seduta straordinaria, per discutere “una strategia globale capace di favorire in tutto il mondo l’uguaglianza nell’accesso alla terapia del dolore”.
Il coinvolgimento, presunto fino a prova contraria, di protagonisti di chiara fama della medicina e della scienza in vicende criminali e delittuose, lascia sbalorditi. Bisogna tornare ai tempi di Tangentopoli (o Sanitopoli), per rinverdire la memoria su vicende di truffa e corruzione, per ritrovare primari, professori, persone famose in manette.
Adesso gli episodi sembrano susseguirsi con frequenza, a conferma della presenza di una malattia profonda e difficile da estirpare. A marzo scorso – il 23 – colpì non poco l’arresto di Norberto Confalonieri, ortopedico all’ospedale Pini di Milano, perché accusato di corruzione e turbativa per aver favorito una multinazionale. Lui è diventato il “mostro” da prima pagina, in particolare per alcune sue affermazioni (“spaccare le ossa ai pazienti per fare pratica”). Sempre a marzo, il 7, è stato arrestato Francesco Izzo, primario di Oncologia interna dell’ospedale napoletano Pascale, per alcune commesse del valore di due milioni di euro aggiudicate a società riconducibili a lui e alla moglie.
Sono alcuni casi fin troppo significativi che evidenziano una situazione sempre più preoccupante. Perché se professionisti famosi, con ruoli di potere, sicuramente ben pagati, diventano protagonisti di vicende corruttive, cosa possiamo aspettarci dagli altri, senza sbocchi di carriera, poco entusiasti del loro lavoro, pagati dignitosamente (ma sempre poco, a sentir loro)? Nient’altro che il moltiplicarsi dei fatti di cronaca imperniati sulla corruzione. Come infatti sta avvenendo.
Ma l’aspetto più preoccupante è la scarsa attenzione da parte di quasi tutte le forze politiche, professionali, amministrative. Un mese fa Transparency International e ISPE Sanità, con la collaborazione del CENSIS, hanno presentato un’indagine dalla quale risulta che il 25,7 per cento delle ASL è coinvolto in fenomeni corruttivi. Non solo: in oltre la metà delle aziende sanitarie alle misure anti-corruttive neppure pensano.
Nonostante l’enfasi e la retorica che accompagnano le analisi sullo stato del nostro Ssn, c’è una situazione incontrovertibile: la sanità italiana è gravemente malata. E ad ogni livello. Proprio alla presentazione del rapporto ISPE, il presidente di Farmindustria si è lamentato con i media perché avevano confuso un’azienda di dispositivi medici – coinvolta nel caso Confalonieri – con la farmaceutica. Ebbene, stando alle notizie sull’operazione del giorno “Pasimafi V”, risulterebbero coinvolti nell’inchiesta imprenditori di numerose farmaceutiche (anche se non di spicco). Se fosse così vorrebbe dire che gli inneschi di trasparenza, di eticità, sono ancora molto fragili nel mondo degli imprenditori.
D’altronde finché la questione morale nella sanità non verrà affrontata con la necessaria energia, l’intervento dell’Anac (Agenzia nazionale anti corruzione), guidata da Raffaele Cantone, non potrà che restare ai margini, senza incidere a fondo per estirpare la malattia. Ma secè una metastasi diffusa, richiede interventi radicali e invasivi, non solo palliativi. Una nota sulle reazioni: finora – ministra Lorenzin a parte – ha prevalso un generale silenzio. Forse per essere coerenti con la disattenzione che accompagna il marcio nella sanità. Ma stupisce anche di più il silenzio dei medici italiani: sono rimasti annichiliti?
di Guglielmo Pepe Fonte: Repubblica.it – 09/05/2017 – informasalus.it
N.d.R.: informiamo il Dr. Pepe che una reazione da parte dei medici c’è stata. Riportiamo il comunicato FNOMCeO
“Se questo è vero, è una enorme delusione. Una delusione per la nostra Professione, perché sono stati traditi i principi stessi che devono ispirarla, prima ancora che gli articoli del Codice Deontologico. Una delusione per le persone che di noi si fidano e che a noi si affidano, perché possono essere perplesse e preoccupate. Una delusione per il nostro Servizio Sanitario Nazionale, che lotta ogni giorno contro risorse limitate per offrire a tutti la migliore assistenza possibile.
Per la Politica e le Istituzioni, che tanto impegno hanno speso per poter finalmente dotare il paese di una Legge all’avanguardia sulla Terapia del Dolore. Per il mondo della ricerca, che mai come in questi ultimi tempi ci ha dato farmaci veramente innovativi ed efficaci, investendo nella sperimentazione di qualità. Per l’industria farmaceutica, che si è impegnata insieme a noi nell’ attuazione del Disclosure Code. Perché ricevere fondi non è peccato, peccato è non dichiarare eventuali conflitti di interesse o peggio distogliere risorse dalla ricerca, dalla formazione, dalle terapie per fini illeciti e non rispettando i pazienti.
Se i capi d’accusa saranno provati, sarà segno che tutto il sistema va profondamente riformato. Mi auguro invece che questa sia un’altra fonte di amarezza e irritazione ma che i contorni siano meno criminali di quello che ora appare. In ogni caso, per citare il Dalai Lama, una mancanza di trasparenza si traduce in sfiducia e in un profondo senso di insicurezza” .
Così il Presidente della Fnomceo Roberta Chersevani si esprime sull’indagine Pasimasi dei NAS che ha portato ieri a diversi arresti in tutta Italia.
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