Il 20 giugno scorso è stato depositata la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che respinge il ricorso di Damor Farmaceutici contro la sentenza di primo grado che la condannava per licenziamento illegittimo di Pietro Gualandi, rappresentante sindacale nella RSU aziendale.
La prima accusa rivolta a Gualandi riguardava una deposizione a favore di un collega licenziato. L’azienda, dopo un anno, contestava al rappresentante sindacale che la deposizione era infondatamente e immotivatamente contraria agli interessi dell’impresa, nonché lesiva della sua immagine reputazionale, anche dinanzi all’Autorità Giudiziaria, facendo venir meno il rapporto fiduciario fra datore di lavoro e dipendente.
Il Gualandi contestava l’insussistenza del fatto contestatogli, avendo egli riferito come testimone circostanze corrispondenti al vero; lamentava quindi la natura ritorsiva della sanzione con la quale il datore di lavoro, all’indomani dell’esito sfavorevole del procedimento, aveva ingiustamente ed arbitrariamente punito il ricorrente per un comportamento legittimo e, per giunta espressione di un dovere civile.
Il primo argomento, secondo la Corte d’Appello, è infondato: la censurabilità della condotta – ove tale fosse da ritenere – non deve dipendere dall’esito del contenzioso ma dalla falsità della deposizione, ciò non fa venir meno la necessaria tempestività del rilievo, che deve avere come punto di riferimento la condotta negligente e non già iI suo maggiore o minore riflesso dannoso. Inoltre la pur articolata disamina degli elementi offerta da parte appellante non persuade la Corte della volontà del Gualandi di offrire informazioni false.
Il secondo argomento, ancora più incredibile, riguardava un articolo che avevamo pubblicato sulla vicenda dal titolo “Damor. ISF licenziato per ritardato invio “scarico saggi”. Il Giudice: motivazioni “simulate e pretestuose”. Va reintegrato“, pubblicato nel marzo 2023 da due distinti siti internet, e cioè, rispettivamente, il sito ufficiale di FEDAIISF e il sito “Informatori.it”; articolo che, secondo Damor, recava manifesti errori, a partire dal titolo, e riportava circostanze false anche nel testo, con effetti ampiamente denigratori e offensivi a scapito della società; e che essa Società aveva appreso da fonti certe (un Area Manager che aveva ricevuto un link da un altro che supponeva che l’autore o l’ispiratore fosse Gualandi). In sostanza in cosa consista, osserva la Corte, l’apporto del lavoratore non è dato di sapere.
La corte d’Appello di Bologna sentenzia che gli elementi evidenziati danno consistenza alla ritenuta natura illegittima e ritorsiva del recesso datoriale, posto in essere senza che dello stesso ricorressero i presupposti oggettivi e, di più, con l’animus reattivo avverso la condotta, legittima, del dipendente, cui al più può riferirsi di avere dato notizia di una decisione sfavorevole al proprio datore di lavoro – il ché certo non può valere a giustificarne il risentimento.
La Corte d’Appello respinge l’appello e condanna la società appellante alle spese
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