L’allarme lanciato dai ricercatori dell’istituto Mario Negri a Milano. "Al momento non c’è alcun rischio per la qualità e la sicurezza delle acque potabili, ma è importante intervenire per arginare il problema"
Farmaci, ormoni, droghe d’abuso, disinfettanti e cosmetici. E ancora, caffeina e nicotina. Sono i ‘contaminanti emergenti’, sostanze estranee che sempre più si trovano nelle nostre acque, specie in quelle di superficie. Solo nel Po si tratta di quasi 2,5 tonnellate di farmaci che finiscono nel fiume. Le loro concentrazioni al momento non mettono in pericolo la sicurezza dell’acqua potabile, "ma non bisogna abbassare la guardia perché non esistono ancora regole o norme che ne controllino la diffusione". A riportarlo sono gli esperti dell’Istituto Mario Negri, in un progetto di ricerca co-finanziato dalla Fondazione Cariplo.
I ricercatori, in collaborazione con la società Metropolitana Milanese, che gestisce a Milano il Servizio idrico integrato, hanno studiato i contaminanti emergenti sia nelle acque sotterranee (fra cui quelle potabili) sia in quelle superficiali come i fiumi. Il Lambro, in particolare, dopo aver attraversato il territorio milanese e fino allo sbocco nel Po "presenta un altissimo carico inquinante a cui si aggiungono questi contaminanti". "Quanto ai farmaci, per esempio – spiegano gli scienziati – è stato calcolato un carico di circa un chilogrammo al giorno considerando la somma di tutti i farmaci, già presente nelle acque dei fiumi in entrata a Milano, a cui si aggiungono circa 2,7 chilogrammi residuanti nelle acque depurate dei tre depuratori cittadini e altri 2,8 che sono presumibilmente riversati nelle acque del reticolo fluviale al di fuori della città di Milano o direttamente nel Lambro, soprattutto nella zona sud della provincia".
In un anno si tratta di quasi 2,5 tonnellate di farmaci che finiscono nel Po, un terzo di quali attribuibili ai residui milanesi. "I nostri risultati – commenta Ettore Zuccato, capo del laboratorio di Tossicologia della nutrizione al Mario Negri – escludono qualsiasi rischio per la qualità e la sicurezza delle acque potabili secondo i parametri fissati per legge. Si cominciano però a vedere connessioni, probabilmente dovute anche ai diversi interventi dell’uomo