Solo il 25% del budget dell’Organizzazione mondiale della sanità arriva dagli Stati E dopo la carne rossa o lavorata, l’agenzia annuncia nuovi dossier sui rischi di caffè e altre bevande.
La sua missione è certamente ambiziosa, quasi utopica: il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute. Ma le sue braccia, forse, sono troppo umane per raggiungere un così lodevole traguardo. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non è Dio e le sue parole non sono la Bibbia. Dalla sua nascita nel 1946 a oggi, la più potente organizzazione delle Nazioni Unite, ha certamente dato un contributo significativo al bene comune, salvando milioni e milioni di vite umane.
Il 70- 80% delle risorse realmente disponibili all’agenzia provengono da contributi volontari pubblici o privati, mentre la proporzione dei contributi regolari derivanti dall’esborso regolare dei 193 paesi membri dell’Oms rappresenta a malapena il 20-25% di tutto il budget dell’organizzazione. Solo su quest’ultima l’Oms esercita un controllo discrezionale, mentre i contributi volontari sono perlopiù fuori bilancio, con una destinazione d’uso decisa dal donatore (su progetti specifici) per un termine di volta in volta variabile, a discrezione dell’erogatore».
Una situazione non degna dell’«agenzia che serve al mondo». «Diversi governi, il mondo accademico e parecchi gruppi della società civile – sottolinea – Dentico – hanno fatto notare come l’autorità, la credibilità, le capacità stesse dell’Oms siano messe a durissima prova dal ristretto accesso alle risorse». Tuttavia, rinunciare all’ideale missione per cui è nata l’Oms sembra inaccettabile. «Non bisogna demolirla, ma riformarla ridefinendo il suo ruolo e riprogettando la sua gestione, specialmente finanziaria», dice Dentico. Un obiettivo che l’attuale direttore generale, Margaret Chan, sembra proprio decisa a perseguire.
( … continua su LA STAMPA del 29-10-2015)
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