Gentilissimi,
Vi scriviamo in rappresentanza degli informatori scientifici del farmaco e di tutti i lavoratori del settore farmaceutico a vario titolo coinvolti nelle attività informative e formative nelle strutture ambulatoriali ed ospedaliere della Regione Toscana. Dal momento in cui si è delineata questa emergenza, e in ottemperanza alle ordinanze della Regione dei primi di marzo, tutti gli Informatori Scientifici del Farmaco in particolare ed il personale delle aziende farmaceutiche in generale, consci della particolarità del loro lavoro che li porta ad essere in contatto con medici, operatori sanitari e pazienti, hanno sospeso la loro attività e anticipato le fasi di isolamento e distanziamento sociale con importanti ripercussioni dal punto di vista lavorativo ed economico.
L’attività degli informatori scientifici del farmaco è, nel settore privato, tra quelle più regolamentate a partire da direttive europee fino alla legge 219/2006, tenendo conto anche dei codici deontologici di Farmindustria e di categoria.
Il Settore in cui opera il personale delle aziende farmaceutiche è altamente professionale e qualificato, tant’è che impiega un’altissima percentuale di laureati, inquadrati tuttavia con diverse tipologie contrattuali. Questa fase di emergenza, volta alla tutela della salute pubblica, ha visto la nostra categoria, che pure opera in ambito sanitario, completamente dimenticata probabilmente in virtù della peculiarità del nostro lavoro che ci vede inquadrati, secondo i codici ATECO, come personale che svolgerebbe un’attività a “basso rischio” lavorativo ma che si confronta peculiarmente con personale e ambienti con attività ad “alto rischio” (ambulatori ed ospedali in genere). Questo ha comportato una parcellizzazione dei comportamenti aziendali che hanno visto l’uso per alcuni della cassa integrazione, per altri dello smart working previo consumo obbligatorio di ferie, per altri ancora perdita totale del reddito (ad es. Partite IVA) e in rari virtuosi casi l’utilizzo in termini di volontariato delle competenze degli informatori scientifici per i call center della protezione civile.
Lo smart working è per la nostra categoria una soluzione temporanea ed emergenziale dal momento che per la nostra professione è fondamentale il contatto “de visu” con l’operatore sanitario perché essa si basa su un rapporto professionale di competenze e fiducia e su uno scambio continuo di informazioni che si alimentano durante un colloquio che mal si presta all’interazione da remoto.
In considerazione di ciò, la metodica lavorativa di smart working è dunque da ritenersi (come d’altronde previsto dal contratto) una metodica di supporto e non sostitutiva dell’attività primaria che trova la sua massima efficienza nell’interazione diretta tra professionisti del settore. Inoltre deve essere considerato che il prosieguo dell’attività lavorativa in queste modalità potrebbe comportare gravi ricadute occupazionali.
In particolare, prima della emergenza Covid-19, nella nostra Regione l’attività dell’informatore scientifico del farmaco e del personale dell’industria farmaceutica si esplicava, pur con una distribuzione non omogenea nell’ambito del territorio regionale, sia attraverso appuntamento sia attraverso modalità di accesso delineate singolarmente da ciascun medico o, all’interno delle strutture ospedaliere, attraverso appositi regolamenti emanati dagli stessi enti. In tutti i casi non vi era interferenza con l’attività istituzionale del personale sanitario né tantomeno con il regolare accesso dei pazienti alle cure.
Entrando la società civile in una fase 2 della gestione della pandemia vorremmo anche noi iniziare a riprendere gradualmente e in tutta sicurezza un’attività che ci porti poi con il tempo ad una normalizzazione della stessa. Pertanto sulla base anche delle recenti delibere delle Regioni Emilia Romagna e Puglia, delle proposte con le Regioni Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia, abbiamo ritenuto opportuno identificare nella modalità dell’appuntamento quella che garantisce una maggior sicurezza per tutti gli attori coinvolti, leggasi informatori, personale delle aziende farmaceutiche a vario titolo coinvolto, operatori sanitari e pazienti.
Questa metodologia potrebbe essere utilizzata per affrontare correttamente una fase 2, sia a livello territoriale sia ospedaliero, ferma restando una particolare attenzione all’accesso negli ospedali e con una ripresa graduale a partire proprio da quei settori meno impattati dalla pandemia (es. direzioni aziendali, reparti no covid, attività ambulatoriali, farmacie) per poi ritornare in un futuro, speriamo non troppo lontano, ad una ripresa completa dell’attività lavorativa.
Del resto le competenze scientifiche degli Informatori Scientifici del Farmaco e del personale dell’industria del settore rappresentano una costante di garanzia per quanto riguarda le misure precauzionali da osservare rigidamente (uso dei DPI, mantenimento della distanza, divieto di assembramenti etc.) e l’osservanza di tutti quei protocolli che consentiranno di agire in sicurezza alla ripresa lavorativa.
Per quanto sopra descritto, proponiamo, come già avviene in altre regioni, di attivare un tavolo di confronto che veda la partecipazione di rappresentanti della Regione, degli enti del SSR che hanno espresso le recenti regolamentazioni sull’informazione scientifica del farmaco, degli ordini dei medici e delle associazioni di categoria (Aiisf-Fedaiisf) per identificare strategie condivise e gestire la ripresa a pieno titolo delle attività per questo importante settore industriale che coinvolge numerosissime famiglie toscane. Sottolineiamo la valenza del settore farmaceutico che in Toscana occupa ben 7000 addetti diretti e 5400 nell’indotto e che porta la Regione fra le eccellenze italiane high tech (fonte elaborazione dati Istat, Efpia, Farmindustria).