La stangata sulle auto aziendali è già arrivata: sono molti i dipendenti che fin da questo mese si sono trovati in busta paga il contraccolpo delle nuove disposizioni sulla tassazione del cosiddetto fringe benefit, anche se il decreto fiscale collegato alla Finanziaria che le contiene, approvato ieri alla Camera, deve ora passare al Senato. Questo significa tra 700 e mille euro l’anno di maggiore imposta per oltre 400mila famiglie, se parliamo solo delle auto a noleggi fino a 2 milioni, se consideriamo le altre formule di acquisizione dell’auto aziendale. Impatto che raddoppia se entrambi i coniugi sono assegnatari di auto aziendali.
Un blitz che peraltro è perfettamente legale: «Trattandosi di un decreto legge, è immediatamente esecutivo – spiega Gian Primo Quagliano, direttore del centro studi Promotor – quindi le aziende hanno tutto il diritto di applicarlo fin da ora. Tra l’altro, si tratta di un decreto retroattivo, in deroga – come spesso avviene – allo statuto del contribuente: infatti è in vigore dal primo gennaio 2006. Quindi, c’è da aspettarsi che anche le aziende che ancora non hanno applicato le nuove disposizioni lo faranno a breve, e retroattivamente: a meno che, ma è un’ipotesi del futuro, la riduzione della deducibilità delle imposte dirette per le auto aziendali – perché di questo si tratta – venga, per così dire, ammorbidita nel caso in cui la Ue consenta di ridurre la percentuale di detraibilità dell’Iva. Il governo, infatti, ha deciso di riprendere con una mano quello che la Corte di giustizia europea gli ha imposto di dare con l’altra».
Il giro di vite, che colpisce sia le aziende che i dipendenti, deriva infatti dalla sentenza Ue che ha condannato l’Italia a rimborsare le mancate detrazioni Iva per le auto aziendali. L’«eurostangata» costerà allo Stato 13,4 miliardi: solo per il 2006 il buco nei conti è di 3,7 miliardi. Per compensarlo, ecco l’aggravio di imposte sulle auto aziendali, che risparmia soltanto la categoria dei rappresentanti di commercio.
In particolare, vengono colpiti i dipendenti che utilizzano le auto in fringe benefit per motivi sia lavorativi sia personali, il così detto uso promiscuo. Aumenta infatti il valore imponibile del benefit, su cui quindi il dipendente paga imposte e contributi previdenziali. Fino a ieri veniva calcolato applicando il costo chilometrico desunto dalle tabelle Aci al 30% di una percorrenza media annua convenzionale di 15mila chilometri: ora il decreto legge ha incrementato, retroattivamente, questa percentuale dal 30 al 50 per cento. Questo significa che per una Fiat Nuova Punto 1.3 il fringe benefit sale da 1.424 a 2.373 euro, pari a 949 euro in più: per un’Alfa Romeo 147, sale dai 2.274 euro del 2005 a 3.791 del 2006, con una differenza di 1.517 euro. L’aggravio in termini di maggiori tasse e contributi va dai 550 euro per un dipendente con reddito compreso tra 33.500 e 100mila euro che utilizza una Fiesta 1.4 ai 680 per un’Alfa 147 1.9 fino ai 1.120 euro per una Bmw 530. E queste cifre non possono essere «spalmate» sull’intero anno, ma andranno pagate nei prossimi mesi; entro dicembre 2006 le aziende, a loro volta colpite da una riduzione della deducibilità dei costi dell’auto, sono infatti tenute a effettuare la relativa trattenuta in busta paga.
«Una manovra che non mi stanco di definire diabolica – dichiara Gianluca Soma, presidente di Aniasa, l’associazione del settore