Nell’ormai lontano 1983, fresco di laurea in medicina e animato da buone speranze, nei miei primi incarichi di guardia medica o di supplenza di medicina generale, mi sentivo importante e lusingato, quando nell’ambulatorio si presentavano un distinto ed elegante signore o una piacente e professionale signorina. “C’è un rappresentante”, mormoravano sottovoce, quasi con complicità, i pazienti provenienti dalla sala d’attesa, come se il fatto fosse un’incombenza spiacevole e fastidiosa per il medico.
Finalmente, pensavo io, un informatore, un momento di relax, coccolato e riverito, un massaggio dell’ego.
Unico contatto con la scienza, anche nelle zone di frontiera della Sardegna, si poteva parlare con loro di salute, di farmaci, di cure, di pazienti, e poi… del tempo, degli hobby, di politica… di tutto, senza nulla togliere ai pazienti.
Era facile incontrare il Dottor Maione, grande esempio di distinzione, cultura, professionalità ed esperienza;
era facile incontrare il Dottor Pambira, sempre prodigo di disponibilità e amicizia,
era facile incontrare degli amici che onestamente e con grande professionalità adempivano al loro gravoso incarico.
Da alcuni di loro ho imparato molte cose che all’università non mi avevano insegnato, e tutte passavano attraverso la considerazione e il rispetto della gente sofferente.
I pazienti, quasi tutti, approfittando della loro presenza, si informavano, in prima persona, sulle innovazioni in campo farmaceutico, impegnando i loro interlocutori in una “previsita” medica.
Si viveva a stretto contatto e, come in tutti i rapporti interumani, si potevano creare incomprensioni, professionali, caratteriali, aziendali, ma, tutte facilmente ricomponibili senza la minima difficoltà.
E oggi?
Le cose non sono assolutamente cambiate.
I dottori Maione e Pambira hanno solo cambiato nome: ora sono i dottori Giovanni Basciu, le Dottoresse Cinzie Pirroni, e tanti altri amici (cugini, gli ha definiti un collega in una recente assemblea).
I rapporti con i medici sono ottimali, sempre nel rispetto delle professionalità reciproche.
Le professionalità sono sempre elevate.
I rapporti con le sale d’attesa discreti e di grande rispetto.
Insomma, un esempio di collaborazione tra professionisti, che niente ha da invidiare o da imparare da nessuno, né da qualsivoglia norma prevista da regolamenti o leggi regionali.
Oggi, però, a seguito della firma del Contratto della Medicina Generale della Sardegna, che in una sua parte limita l’accesso degli informatori, negli studi dei medici di famiglia, al di fuori dell’orario di ambulatorio, pur sapendo che gli orari di ambulatorio, per quanto già abbondanti, sono solo una parte dell’attività del medico, creerà grandi difficoltà negli incontri e di conseguenza il rischio per gli informatori, purtroppo non tanto remoto, di licenziamenti a tappeto.
Per questo mi sento svilito e offeso, impotente per non poter difendere una categoria che merita ben altre considerazioni, per non poter tranquillizzare dei professionisti preoccupati per il loro posto di lavoro e per le loro famiglie.
Mi chiedo: quale realtà conosce chi ha pensato e firmato questo accordo? Quali colpe si nascondono in un rapporto medico informatore tra i più normati del mondo professionale?
Come si possono mettere a rischio 800 posti di lavoro, terza azienda della Sardegna, in una terra già martoriata dalla disoccupazione e dalla sottoccupazione?
Questo sento di poter dire per testimoniare la mia solidarietà nei confronti della categoria degli Informa