Si era detto che la pandemia da Covid 19 avrebbe rappresentato uno spartiacque: ci eravamo resi conto dell’importanza cruciale di una Sanità pubblica e universalistica, disegnata per garantire la salute di ciascun individuo nel Paese. Viceversa anche l’annuncio da parte dell’OMS che ha decretato la fine dell’emergenza pandemica (con tutti i se e i ma…) non è bastato a riaccendere una riflessione pubblica sul tema dell’importanza della organizzazione sanitaria. Con tutto quello che ne segue.
Abbiamo partecipato la sera di venerdi 5 maggio ad un dibattito pubblico organizzato nella provincia bolognese in un Circolo del Partito Democratico, allo Spazio143 di Funo di Argelato, che vedeva la partecipazione dell’Assessore regionale alla Sanità Raffaele Donini e dell’On. Andrea De Maria deputato nel gruppo parlamentare PD.
Tema: Il sistema sanitario e la sanità del territorio.
Il definanziamento della Sanità è un processo che viene avanti da una quindicina d’anni e trova responsabilità in tutte le forze politiche che si sono succedute al governo in questi anni. Oggi però le spese non rimborsate per il Covid si uniscono agli effetti dell’inflazione e ai rincari delle spese energetiche determinando una tensione che risulta insopportabile soprattutto per le regioni che assicurano la maggior parte dei servizi sanitari attraverso le strutture pubbliche.
Qui siamo in Emilia Romagna e si vive questo stato di cose come un duplice attacco: da una parte il definanziamento da parte del Governo e dall’altra una vera e propria messa in stato di accusa verso i territori indicati come responsabili del disavanzo.
L’assessore Donini è anche Coordinatore della Commissione sanità della Conferenza delle Regioni quindi snocciola i numeri di questa crisi: 5 miliardi che mancano al Fondo Sanitario Nazionale per il 2023: per la regione Emilia Romagna significano quasi 400 milioni di euro.
«Nel 2022 abbiamo chiuso il bilancio in pareggio grazie a nostre risorse che abbiamo messo per il terzo anno consecutivo — ricorda Donini — dopo aver impiegato oltre 1 miliardo di risorse nostre per pareggiare i bilanci degli ultimi tre anni, al quarto anno abbiamo detto alle aziende di contenere la spesa perché non possiamo permettere che il disavanzo 2023 possa trasformarsi in provvedimenti drastici da parte del governo». Tradotto, non vogliamo subire il Commissariamento della sanità, non per una cattiva gestione da parte nostra, ma per i mancati pagamenti da parte dello Stato. Prudenza è dunque la parola d’ordine.
Il Commissariamento potrebbe scattare solo qualora il disavanzo fosse superiore al 5% del bilancio della sanità regionale, quindi non ci sono assolutamente i presupposti, ma certo il 2023 non si preannuncia una sfida di poco conto.
Non solo: il Governo stesso ha certificato che nella classifica nazionale che valuta il soddisfacimento dei Livelli Essenziali di Assistenza la regione Emilia-Romagna si colloca al primo posto e potrà accedere pertanto ad un fondo premiale. Non pare verosimile il commissariamento di una eccellenza.
In ogni caso è bastato soltanto pronunciare quella parola che è scattato l’effetto annuncio, in negativo naturalmente, e le richieste di prestazioni si sono impennate e purtroppo si è registrato anche un picco di dimissioni nel personale sanitario sfiancato da tre anni di emergenze, turni massacranti e ferie saltate.
Complicare una situazione di carenza di personale sia medico che infermieristico non è buona cosa, proprio perché le restrizioni di bilancio obbligheranno la regione Emilia Romagna ad una forte decelerazione del turn-over nel corso del 2023. Dal 185% del 2020 si è già passati al 138% nel 2021 e al 105% nel 2022.
La regione Emilia Romagna e probabilmente molte altre regioni al seguito si trovano ad un bivio: tagliare prestazioni o chiamare a raccolta la cittadinanza in difesa del servizio pubblico.
L’assessore Donini annuncia di non essere intenzionato a giocare soltanto in difesa e questa settimana verrà presentata in Senato una proposta di Legge per fronteggiare questo stato di sofferenza della sanità pubblica. Si vorrebbe vincolare l’incremento del Fondo Sanitario Nazionale portandolo al 7,5% del PIL in cinque anni; finanziare il fondo per la non-autosufficienza e abrogare il tetto alle assunzioni di personale fermo al 1,4% verso il 2014.
La Conferenza delle Regioni presenterà inoltre una vera riforma della Emergenza Urgenza. Il nuovo modello prevede di ridurre la pressione sui Pronto soccorso incentivando i cittadini che presentano urgenze a bassa complessità (codici bianchi e verdi) ad attivare per prima cosa un contatto telefonico qualificato con gli operatori della sanità.
L’assistenza verrà prestata nei nuovi Centri di Urgenza che saranno distribuiti sul territorio e funzioneranno h24 o, in alternativa, direttamente al domicilio del paziente dalle equipe medico-infermieristiche. Un’organizzazione che permetterebbe di rendere più tempestivi gli interventi in ospedale e di agevolare i cittadini fornendo loro le cure adeguate nei centri più vicini, senza lunghe attese o addirittura a casa.
Al tempo stesso, riducendo il più possibile gli accessi impropri al Pronto Soccorso. Nel 2022, il 66% degli accessi al PS in Emilia-Romagna, che complessivamente sono stati circa 1.750.000, ha riguardato infatti codici bianchi o verdi, e nella quasi totalità (95%) non hanno avuto bisogno di ricovero.
Inoltre, considerando che il 76% dei cittadini arriva autonomamente al PS, si vorrebbe arrivare a mediare il 99% degli accessi tramite il 118, consentendo la presa in carico precoce e la corretta distribuzione dei pazienti.
N.d.R. All’Informatore Scientifico certo interessa la sorte del SSN. Il suo ruolo è nato insieme al SSN ed è regolato dalle stesse leggi.
Fonti correlate:
Regione Emilia-Romagna – Riforma della Emergenza Urgenza
La Repubblica – Sanità. Donini: “L’Emilia Romagna non sarà commissariata” – 7 aprile
Il Corriere di Bologna – 15 marzo
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