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Come ridurre le liste di attesa? Governo: tagliare del 20% le richieste di visite ed esami

Sanità, per tagliare le liste d’attesa il governo vuole che i medici facciano meno ricette inutili

Nelle prossime due settimane arriverà in Consiglio dei ministri un decreto per tagliare le liste d’attesa nella sanità, ha annunciato il ministro della Salute Orazio Schillaci. Dentro ci saranno varie misure, inclusa una per evitare che i medici esagerino con esami e terapie.

Fanpage – 29 aprile 2024

Si avvicina l’intervento del governo Meloni per provare a ridurre le liste d’attesa nelle strutture sanitarie pubbliche. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ieri ha detto alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia che un decreto sarà presentato nei prossimi quindici giorni al Consiglio dei ministri. Le mosse dell’esecutivo dovrebbero agire su più aspetti diversi: c’è soprattutto la questione del vincolo di assunzione sui tetti di spesa, ma anche l’assunzione di più specializzandi (tema toccato anche con il decreto Pnrr) e una gestione più efficiente degli appuntamenti per le prestazioni sanitarie. In più, una parte del decreto dovrebbe essere dedicata ai medici che fanno troppe ricette per visite ed esami che in realtà non sono necessari.

Si tratta di un tema delicato, dato che non sempre è facile distinguere quali prestazioni sanitarie siano esagerate e quali siano in linea con la situazione del paziente. Le liste d’attesa, che spesso costringono a rinunciare alle cure, a volte sono intasate non solo per una carenza di fondi pubblici ma anche perché ci sono esami prescritti quando non ce ne sarebbe bisogno. La stima del governo è che si tratti del 20% delle ricette, ovvero una su cinque, e costerebbero fino a 10 miliardi di euro all’anno.

Sono quelle prescrizioni che, in gergo, si definiscono “inappropriate”. In alcuni casi si tratta di misure con cui i medici si tutelano a livello legale: per evitare denunce nel caso in cui al paziente succeda qualcosa, si prescrivono terapie ed esami in eccesso. Per compensare questo rischio, il governo ha prolungato lo scudo penale per i medici fino a fine anno, e l’intenzione del ministro Schillaci sarebbe quella di renderlo strutturale. Un’altra misura, invece, sarebbe quella di effettuare più controlli sulle ricette prescritte.

Secondo quanto anticipato dal Sole 24 Ore, per i medici diventerebbe obbligatorio scrivere nella ricetta il quesito diagnostico, cioè il problema di salute specifico che spinge a fare quella prescrizione. Così, raccogliendo tutte le indicazioni mediche, si potrebbe avere un quadro più completo delle prestazioni che vengono assegnate ai pazienti. Risulterebbe anche più evidente quando un medico sta prescrivendo troppi esami per i pazienti che ha, e le amministrazioni regionali potrebbero decidere di intervenire direttamente per farsi spiegare questo eccesso.

Non ci sarebbero multe né sanzioni di altro tipo, però, per chi fa troppe ricette. Tuttavia, in passato in situazioni simili ci sono state delle condanne da parte della Corte dei conti, dato che di fatto (se si dimostra che le ricette erano del tutto inutili e il medico ne era consapevole) si tratta di uno spreco di soldi pubblici.

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SNAMI – TAGLI ALLE PRESCRIZIONI?  NO, TAGLI ALLA SALUTE.

Roma 30 aprile 2024. “Il decreto per tagliare le prescrizioni del 20% è un taglio alla salute dei cittadini italiani ed il nostro sindacato non ci sta-dice Angelo Testa, Presidente nazionale SNAMI.

La colpa delle prescrizioni va ricercata nelle liste di attesa continua Gianfranco Breccia, segretario nazionale SNAMIche non fanno altro che aumentare le richieste prescrittive del privato che poi si abbattono nel pubblico, in particolare sui medici di famiglia. Se si volesse risolvere davvero le lungaggini delle liste si permetterebbe agli specialisti di svolgere la libera professione solo sopo aver esaurito le stesse.

Quante sono le prescrizioni fatte in autonomia dai medici di famiglia e quante su suggerimento degli specialisti? –aggiunge Domenico Salvago, vicepresidente nazionale SNAMI -Se non abbiamo i dati a disposizione non possiamo procedere con tagli erga omnes che colpiscono la buona pratica medica e penalizzano i cittadini”

Conclude il leader Angelo Testa: “Tagliare le prescrizioni non è la soluzione per far risparmiare lo stato, anzi, vorrebbe dire meno visite, meno controlli e più patologie nel futuro. Vogliamo misure organizzative e non punitive che risolvano le liste di attesa, incidano sull’appropriatezza prescrittiva e diano assistenza ai cittadini.”

Comunicato SNAMI – 30 aprile 2024

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Nota. Il provvedimento dovrebbe prevedere ambulatori aperti più a lungo, prescrizioni acquistate con la formula intramoenia, monitoraggio del fenomeno, nuove assunzioni: sono i contenuti del decreto, ma ciò che fa più discutere è l’azione contro i medici di base che prescrivono troppe prestazioni. Filippo Anelli, presidente di Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri): «Questa misura sull’appropriatezza è inapplicabile, già era stata cancellata in passato dalla Corte costituzionale. Non si possono introdurre regole generali, criteri numerici, sulla salute del singolo cittadino. Sono altre le strade da seguire».

FIMMG. Tempi di attesa e rinuncia alle cure. Difesa della medicina generale è difesa del servizio sanitario nazionale


IPSOS:

“Rinuncia alle cure”: un preoccupante fenomeno in crescita

Il fenomeno della “rinuncia alle cure” è un aspetto estremamente critico che rischia di diventare drammatico. Nonostante molti italiani siano ancora in grado di trovare soluzioni private, non tutti possono farlo.

Il problema principale risiede nell’accesso ai servizi di salute pubblica: il 74% degli italiani ha dovuto affrontare tempi di attesa non sostenibili per ricevere cure, mentre il 56% ha riscontrato che il servizio necessario non era disponibile nella loro area di residenza o a una distanza ragionevole.

Il dato più preoccupante è che il 16% dei partecipanti al sondaggio Ipsos ha affermato di aver completamente rinunciato alle cure in queste circostanze. Nonostante la maggior parte sia riuscita a rivolgersi al settore privato, una persona su sei in Italia ha dovuto rinunciare a un qualche tipo di cura perché non era disponibile nel suo territorio o non lo era in tempo utile.

Notizi correlate: Anelli: non ci sarà il taglio delle prescrizioni nel decreto sulle liste d’attesa

Redazione Fedaisf

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