Con l’articolo già pubblicato da Fedaiisf nei giorni scorsi (link) abbiamo affrontato vari aspetti del problema che sta toccando non solo i pazienti italiani ed europei ma può essere visto come fenomeno globale. Sul tema carenza farmaci interviene Marcello Cattani (Farmindustria) dopo le parole dei giorni scorsi di Giorgio Palu’ (AIFA) ed Enrique Hausermann (Egualia). Fonte Aboutpharma
Alternative da medici e farmacisti
“È importante che tutti i cittadini non si spaventino, non si allarmino e non facciano autoprescrizioni dei farmaci ma si riferiscano ai medici e ai farmacisti per l’alternativa al farmaco che manca”, ha sottolineato Cattani ospite di ’24 Mattino’ su Radio24. Intanto, però, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha avviato un tavolo permanente presso il ministero della Salute, proprio per definire la reale entità del fenomeno e indicare, eventualmente, proposte risolutive.
Quali carenze
“Con l’avvento del Covid la domanda di farmaci è salita in maniera sensibile ed inoltre quest’anno abbiamo in Europa un impatto dell’influenza stagionale molto forte”, ha spiegato Cattani. “Ecco che sono carenti: antibiotici, antinfiammatori, diuretici, antidepressivi, neurolettici. Ma c’è una origine storica e strutturale rispetto ad una domanda salita e ad una produzione e distribuzione che fatica. Il 75% dei principi attivi dei farmaci utilizzati in Europa è prodotto in India e in Cina, quest’ultima è stata in lockdown e ha rallentato la produzione. Si deve puntare alla rilocalizzazione della produzione in Europa dei principi attivi”.
Domanda esplosa con Covid
“La domanda di farmaci a partire dalle prime ondate del Covid nel 2020 è esplosa su scala mondiale e così le filiere sono sotto stress già da allora e in più c’è il ritorno dell’influenza mancata per tre anni”, ha ribadito Cattani sulle pagine del Sole24Ore. “Ma ci sono anche evidenti difficoltà di approvvigionamento delle materie prime per il packaging e dei principi attivi – aggiunge – per i quali dipendiamo sia come Italia che come Europa da Paesi come Cina e India. Qui pesano un mix di cause che vanno dai problemi della Cina legati al Covid e al caro bollette.
Tornare a produrre in Italia
Per questo l’Italia, leader in Europa nella produzione di farmaci, deve lavorare per diventare in futuro più autonoma riportando a casa anche queste produzioni. Le carenze non mancano – ha detto ancora – ma parlare di allarme è sbagliato: i farmaci ci sono e bisogna evitare che le persone facciano scorte inutili. Poi se non si trova un medicinale è bene affidarsi al medico che può valutare le alternative prescrivendo un farmaco equivalente. Rispetto alle oltre 3mila carenze indicate dall’Aifa quelle effettive sono alcune centinaia e per queste ci sono terapie alternative altrettanto valide. Le carenze davvero critiche, quelle appunto che non si possono sostituire con altri medicinali, sono alcune decine e sono spesso farmaci molto specifici e particolari come alcuni che si usano in sala operatoria”.
La voce dei farmacisti
Per cercare di tamponare tali carenze, una soluzione potrebbe arrivare dalle farmacie le quali ricorrono in certi casi alle preparazioni galeniche. “Le farmacie che hanno un laboratorio galenico stanno aiutando” in questo momento di carenza di alcuni medicinali “soprattutto nell’alternativa per alcune specialità senza obbligo di ricetta medica, ad esempio nel caso del paracetamolo e dell’ibuprofene entrambi in sciroppo. E’ un impegno che già in passato c’è stato e come Federfarma stiamo quindi intervenendo e incentivando questa nostra peculiarità per l’allestimento in farmacia di preparazione galeniche. Stiamo anche la lavorando sulle interpretazioni normative laddove non si trova il farmaco equivalente. Ma non siamo Harry Potter. Le carenze sono frutto di tanti fattori, ma c’è anche un problema di un sistema che va riformato. Ora ci occupiamo di questa carenza per dare risposte ai cittadini e non lasciarli senza farmaci, ma occorrerà cambiare”. Ha detto all’Adnkronos Salute Marco Cossolo, presidente nazionale di Federfarma.
Difficoltà a reperire materie prime
Entrando nel merito dei motivi della mancanza di alcuni farmaci sugli scaffali, Cossolo ricorda che “la situazione internazionale non aiuta la reperibilità di alcune materie prime, ma ci sono anche scelte fatte sulla delocalizzazione della produzione a seguito della pressione sui prezzi dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, infine c’è anche un problema di approvvigionamento dei principi attivi”.
Serve riflessione su politica del farmaco
Secondo il presidente dell’associazione nazionale dei titolari di farmacia, “serve avviare una serie riflessione sulla politica del farmaco. L’intervento del ministro della Salute è stato tempestivo e mercoledì ci sarà la seconda riunione del tavolo tecnico di lavoro nel settore dell’approvvigionamento dei farmaci. Usciamo da questa carenza – conclude – e poi affrontiamo i nodi, ma va detto che l’Italia è messa meglio di altri Paesi Ue”.
«Non c’è un allarme reale» sulla carenza di farmaci in Italia. «I farmaci di cui c’è una vera carenza, tra i 3.197 che l’Aifa mette sul sito, sono 30. Di 300 che importiamo dall’estero, 30 sono realmente essenziali. La maggior parte sono farmaci di cui non c’è più la produzione, che non sono in commercio, ma quasi tutti hanno un equivalente o un’alternativa terapeutica». A placare i timori sulla disponibilità di farmaci è Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). «Ci tengo a dire che si tratta forse di una comunicazione non perfetta, un po’ distorta, nel senso che ci vuole un dialogo importante tra medici, farmacisti, associazioni di categoria», aggiunge.
«Ricordo che la maggior parte dei prodotti attivi chimici viene prodotta in India e in Cina», spiega Palù. «Ma solo 30 sono veramente essenziali perché non trovano un corrispettivo prodotto da un’industria italiana. Sono farmaci che vengono usati in sala operatoria. Degli antinfiammatori, dei cortisonici, dei miorilassanti e degli antibiotici abbiamo sempre valide alternative», aggiunge. L’Aifa, ricorda Palù, «cura il Tavolo tecnico delle indisponibilità e questo è stato attivato con i referenti istituzionali». Per esempio «è successo nel caso del Covid». L’Italia, tiene a precisare il presidente di Aifa, «è un passo avanti alle altre nazioni europee, soprattutto per quanto riguarda la regolazione e la carenza dei farmaci, c’è un’alta professionalità tra i dirigenti» dell’Agenzia. E «c’è una pagina in costante aggiornamento sui farmaci attualmente carenti che può essere regolarmente visitata da medici, professionisti, farmacisti. Quindi io non mi preoccuperei», ribadisce.
«Se qualcosa ci ha insegnato la pandemia – sottolinea Palù – è che dobbiamo tener conto che noi abbiamo delocalizzato molta della produzione: eravamo i primi al mondo nella chimica, oggi le materie prime ci arrivano in larga misura dall’estero. Quindi, forse, quello che si chiama con un anglicismo ‘reshoring’, riportare in patria alcune produzioni, sarà opportuno. E nel medio-lungo periodo anche il nostro Paese deve confrontarsi con queste esigenze».
“Come detto in questi giorni da tutti i rappresentanti della filiera farmaceutica il servizio sanitario nazionale – anche e soprattutto grazie alla presenza di equivalenti e altri prodotti a brevetto scaduto – offre alternative per far fronte all’attuale carenza di alcuni medicinali. Per cui è bene richiamare tutti al senso di responsabilità per evitare la sindrome da accaparramento. Ma c’è un’altra ampia fascia di prodotti ad alto rischio di cui dovremmo preoccuparci.” Ad affermarlo è Enrique Häusermann, presidente di Egualia, l’associazione che rappresenta l’industria dei farmaci generici equivalenti, biosimilari e value added medicines in Italia.
“Ben il 26% dei nostri farmaci equivalenti venduti in farmacia ha un prezzo inferiore o uguale a 5 euro: sono quelli maggiormente a rischio di sostenibilità industriale assieme a tutte le forme iniettabili sterili vendute agli ospedali, tra cui figurano farmaci essenziali e salva vita, molti oncologici. Ma l’attuale regolamentazione dei prezzi dei farmaci generici-equivalenti non consente alcun adeguamento all’inflazione per i farmaci rimborsati dal SSN e rende impossibile rinegoziare i prezzi di aggiudicazione delle procedure di acquisto pubbliche. Questo stallo rischia di determinare in futuro l’interruzione delle forniture o il ritiro dei relativi prodotti dal mercato. Sarebbe una prospettiva molto negativa dal momento che il nostro comparto fornisce in media circa il 30% del consumo farmaceutico nazionale e, in particolare nelle forniture ospedaliere, vi sono intere aree terapeutiche dove le nostre imprese forniscono oltre il 70% del fabbisogno annuo di medicinali”.
“E’ sicuramente urgente cambiare l’attuale sistema di reportistica delle carenze, disciplinato dal DL Calabria del 2019, che ha determinato un aggravio burocratico amministrativo non utile, senza contribuire a risolvere il problema delle carenze. Andrebbe rapidamente individuata una nuova modalità per la richiesta straordinaria di rinegoziazione in aumento dei prezzi dei farmaci a basso costo nei casi in cui sussistono rischi per la sostenibilità industriale. E vanno rivisti i criteri di gestione delle procedure di gara, privilegiando gli accordi quadro per i farmaci fuori brevetto, avendo come obiettivo la salvaguardia della presenza di più operatori sul mercato e la mitigazione dei rischi di interruzione di approvvigionamento dei prodotti”.
“Per le forniture ospedaliere, in particolare, serve una norma di legge e un fondo speciale dedicato all’adeguamento dei prezzi di aggiudicazione da parte delle centrali di acquisto regionali che consenta la revisione dei prezzi per i contratti di fornitura in corso – conclude Häusermann -. Superata questa che può diventare davvero una nuova emergenza va messa a terra la strategia di supporto all’industria farmaceutica nazionale, una filiera strategica per il Paese, riportando in Italia la produzione di principi attivi e materie prime. Sono le famose politiche di reshoring di cui tanto abbiamo parlato in questi ultimi anni: la carenza delle materie prime sarà il nodo fondamentale dei sistemi produttivi mondiali almeno per il prossimo quinquennio. E ogni mese che scorre espone le nostre linee produttive ad un rischio crescente di fermo impianti. Un rischio rispetto al quale ormai nessuna azienda può dirsi al sicuro”.
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