Minaccia nucleare: il no di endocrinologi e farmacisti alla corsa ai farmaci a base di iodio
Federfarma – 8 ottobre 2022
In merito all’escalation di un possibile attacco nucleare della Russia nella guerra con l’Ucraina, farmacisti e medici sono d’accordo nel tranquillizzare gli italiani rispetto alla capacità del Paese di fornire iodoprofilassi in caso di necessità.
Nei giorni scorsi il segretario nazionale di Federfarma Roberto Tobia aveva già rassicurato la popolazione circa l’esistenza di un piano di distribuzione straordinario in farmacia, in caso di vero allarme nucleare.
Rassicurazione confermata anche dal presidente di Federfarma Marco Cossolo (nella foto): «Le scorte di farmaci a base di iodio nelle farmacie italiane non mancano – ha spiegato sulle colonne de ‘Il Sole 24 Ore’ – ma approvvigionarsene ora è inutile e assumere tali farmaci senza una reale necessità è non solo inappropriato, ma anche dannoso. È questa l’indicazione che noi farmacisti diamo ai cittadini quando ci chiedono consigli sul tema».
Analoga indicazione arriva anche dagli endocrinologi. «La iodoprofilassi protegge la tiroide, inibendo o riducendo l’assorbimento di iodio radioattivo. Lo iodio, infatti, – spiega Annamaria Colao, presidente della Società italiana di Endocrinologia (Sie) – è un micronutriente essenziale per l’organismo e viene assunto consumando gli alimenti che ne sono ricchi.
La tiroide riesce a concentrarlo, per utilizzarlo quando serve ma proprio la tiroide è uno dei principali organi bersaglio del danno da radiazioni». L’assunzione di iodio «serve solo nelle ore successive» a incidenti nucleari «perché dopo pochi giorni la radioattività cala. Ma attenzione perché l’assunzione ingiustificata di medicinali può provocare alterazioni anche gravi della funzione tiroidea», precisa Colao.
Nota:
In caso di radiazioni tra le diverse sostanze pericolose a cui si potrebbe essere esposti ci sarebbe lo iodio 131. Se l’organismo lo assimilasse, potrebbe essere assorbito dalla tiroide e utilizzato per la produzione dei suoi ormoni. La radioattività aumenterebbe così il rischio stocastico, cioè casuale, di tumore. Per ridurre questo rischio, a chi abita nel circondario delle centrali ancora in funzione in altri Paesi vengono regolarmente distribuite compresse di un sale a base di iodio, lo ioduro di potassio, da tenere in casa e assumere solo in caso di necessità. Nell’eventualità di un incidente il prodotto sarebbe infatti in grado di saturare le richieste della ghiandola, che di conseguenza per circa 24-48 ore ignorerebbe la versione radioattiva, qualora questa arrivasse attraverso il sangue.
È chiaro quindi che l’azione è preventiva, andrebbero assunte infatti un paio di giorni prima dell’esposizione, ma questo deve accadere tra l’eventuale emissione e l’arrivo della nube radioattiva, non in maniera cronica per settimane in attesa di un possibile evento. Con un trattamento così prolungato i danni di un’eccessiva assunzione di iodio supererebbero largamente i benefici. Le compresse non servono a nulla contro altri possibili agenti radioattivi liberati insieme con lo iodio, come per esempio il cesio 137, importante sottoprodotto della fissione nucleare dell’uranio.
Il suo uso a scopo preventivo è non solo inutile, ma pericoloso, dal momento che può scompensare il delicato equilibrio endocrino della tiroide. Il dosaggio utile in caso di incidente nucleare è infatti di diversi ordini di grandezza superiore a quello contenuto nel sale iodato, raccomandato invece dalle autorità sanitarie per il benessere della tiroide nella vita quotidiana. (fonte Dottore, ma e voto che…?)
Negli Stati Uniti la Health and Human Services (Hhs) ha annunciato un esborso da 290 milioni di dollari per fare scorta di Nplate (Romiplostim), un farmaco prodotto dalla californiana Amgen e usato anche per il trattamento della sindrome da radiazioni acute (Ars), al momento non presente nelle scorte farmaceutiche d’Oltreoceano.
Negli Stati Uniti è stato approvato nel 2021 da FDA per ARS, In Europa EMA l’ha autorizzato per il trattamento della trombocitopenia immune primaria (ITP) in pazienti adulti che sono refrattari ad altri trattamenti. Romiplostim è una proteina di fusione Fc-peptide (peptibody) che agisce aumentando la produzione di piastrine. La sindrome da radiazione ha una prima fase prodromica non letale nei minuti o ore seguenti l’irradiazione. Questa fase dura da qualche ora a qualche giorno e si manifesta sovente con sintomi quali diarrea, nausea, vomito, anoressia, eritema. Segue un periodo di latenza, in cui il soggetto appare in buone condizioni. Infine sopraggiunge la fase acuta che si manifesta con una sintomologia complessa, generalmente con disturbi cutanei, ematopoietici, gastro-intestinali, respiratori e cerebrovascolari.
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