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Il futuro dell’assistenza territoriale

Incontro pubblico in un Comune dell'Emilia Romagna

Abbiamo assistito ad un incontro locale ad Anzola dell’Emilia, un comune dell’hinterland di Bologna, che vedeva la partecipazione dell’Assessore regionale Raffaele Donini, anche coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni, e del Direttore Generale dell’Azienda sanitaria di Bologna Paolo Bordon. Interessante per capire meglio come si sta lavorando alla nuova riforma dell’assistenza territoriale, che con il DM77 è divenuta legge dello Stato. Una riforma che promette di cambiare il volto della sanità del nostro Paese, cercando di immaginare come potrà innestarsi in un tessuto di problemi quotidiani e di peculiarità straordinarie.

Innanzitutto, oltre ai saluti ed i ringraziamenti, il Sindaco Giampiero Veronesi rivela che il progetto della Casa della Comunità di Anzola, finanziato dal PNRR, riceverà un investimento aggiuntivo da parte del Comune, che lo vuole ancora più rispondente ai bisogni della cittadinanza.

Anche nella florida e organizzata Emilia Romagna i problemi non mancano secondo la Dott.ssa Cristina Maccaferri, Direttrice delle Cure Primarie del Distretto, “Ci troviamo in un momento di grande trasformazione. La pandemia ha cambiato le modalità di lavoro, la relazione con i pazienti, le modalità di comunicazione.”

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che si ragiona del futuro della sanità in mezzo ad una emergenza sanitaria che non segna il passo. “Posso testimoniare le grandi difficoltà che abbiamo dovuto affrontare nel periodo della pandemia – dice la Dott.ssa Barbara Saretta, medico di famiglia e responsabile di un nucleo di 7 medici – Un collega del gruppo si è pensionato con lieve anticipo, ma in un momento di grandissimo impegno. Quindi ci siamo stretti tra noi e abbiamo fatto fronte. Abbiamo concordato di essere presenti H12 e sabato e domenica telefonicamente. Ma non c’è mai stato uno stacco e anche oggi i malati sono un numero enorme, ragione per cui abbiamo dovuto limitare di nuovo l’accesso all’ambulatorio” “Ci teniamo a non ammalarci: se nel nostro gruppo si ammalassero in 5, cosa succederebbe?”

Trovare nuovi medici di base che siano pronti ad insediarsi non è facile e ci si pone il problema di rendersi più “attrattivi”. La carenza di personale medico è un problema complessivo e non riguarda solo le cure primarie, ma tutte le specialità su tutto il territorio nazionale. Con pochi medici e molte zone disponibili, una delle caratteristiche considerate preferenziali è l’offerta di un ambulatorio all’interno delle strutture sanitarie locali. Questo territorio in realtà può vantare alcune condizioni molto avanzate: la presenza di numerose medicine di gruppo, riconosciuto un elemento molto importante durante la pandemia, oltre al fatto che queste sono organizzate spesso con l’assistente di studio e la segretaria. Non solo, ma le Case della Salute sono già molto diffuse in Emilia Romagna che ne conta 130 su circa 500 presenti in tutto il Paese.

Il PNRR prevede investimenti in primo luogo sulle Case di Comunità, che sono l’evoluzione della Casa della Salute” – dice Paolo Bordon, Direttore Generale dell’Azienda – ma con una forte integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali, più le associazioni di volontariato, che si affiancano agli operatori sanitari e di fatto fanno parte del sistema” “La sfida che viene lanciata è quella di una partnership tra soggetti pubblici per gestire la prossimità di cura. Portare i servizi sanitari, integrati con i servizi sociali, il più vicino possibile al paziente. La casa può essere il primo luogo di cura, investendo sempre di più su funzioni di tipo territoriale”

La gestione della cronicità è dunque uno degli assi della riforma. “Dalla Casa della Comunità potremo usare anche degli strumenti evoluti come la telemedicina, dando la possibilità ai professionisti di confrontarsi con specialisti di secondo livello, e sono previste anche altre figure come l’Infermiere di Famiglia, che sarà la prima interfaccia del medico di base nella presa in carico del paziente cronico, e l’Infermiere di Comunità, che lavorerà ad un livello più alto ed un bacino più ampio, per consentire una integrazione più agevole tra tutti i soggetti ed i servizi sociali.”

E’ il momento dell’Assessore Raffaele Donini: “Oggi ci troviamo a ragionare del progetto per il futuro della assistenza sanitaria dei prossimi 20 o 30 anni nella situazione paradossale di essere ancora in piena emergenza. Le riforme che stiamo disponendo e sono già legge dello Stato rappresentano la prospettiva, i frutti che si raccoglieranno tra 3-5 anni. Ma oggi non ci possiamo dividere, dobbiamo fare sistema, rigettare le strumentalizzazioni di parte e studiare soluzioni-ponte. I temi sono principalmente tre: la Medicina Generale, il Pronto Soccorso, gli Ospedali ed alcuni reparti in particolare.

“La carenza di personale sanitario, anche per chi rappresenta l’eccellenza, condiziona pesantemente il presente. A fronte di pensionamenti e burn-out non riusciamo a sostituire medici. La carenza di medici e personale sanitario è un problema nazionale ed il frutto di 20 anni di tagli al sistema sanitario.”

“I medici, come rappresentati qui ad Anzola, che lavorano assieme, collaborano e si aiutano rappresentano un esempio a livello nazionale. Si potrebbe parlare di multidisciplinarità anche tra MMG, ognuno con la sua seconda specialità, il suo background, la sua esperienza. Il confronto migliora la capacità diagnostica e innalza il livello di cura.” “Quando un cosiddetto specialista d’organo e chi conosce la storia clinica del paziente si confrontano (pensiamo alla telemedicina) si realizza il massimo della performance che possiamo produrre.”

La Medicina Generale

“Accantonata per il MMG la prospettiva del rapporto di dipendenza – continua l’Assessore Donini – dopo il terremoto che la proposta ha scatenato, come superiamo il periodo ponte? In primis dobbiamo aumentare il massimale portandolo, come proposta, a 1800 pazienti. Poi, avvalendoci di una legge dello Stato, possiamo prospettare ai medici al 2° o 3° anno del corso di formazione per la medicina generale, di prendere in carico mediamente 1.000 assistiti. In alternativa o di fianco a questo possiamo pensare di mettere in campo ambulatori di continuità assistenziale, medici di comunità, che però non sono MMG, con tutto quello che ne consegue.”

“Dal momento che, per quante risorse si mettano a disposizione per formare nuovi professionisti, dobbiamo chiedere ai medici lo sforzo di fronteggiare già stremati questo periodo di transizione, cosa possiamo mettere a disposizione per consentire loro di lavorare al meglio? Si sta pensando ai finanziamenti o alle strutture per la segreteria amministrativa. Anche a una rete infermieristica, come già qualcuno ha organizzato, a loro disposizione per raggiungere il domicilio del paziente. Quindi stiamo facendo il massimo e troveremo una soluzione perché l’alternativa, cosa che nessuno vuole, sarebbe lasciare i cittadini senza il medico di base.”

La riforma del rapporto con la medicina generale è già pronta, ha il consenso della Fimmg, del Ministero della Salute, della Commissione salute delle Regioni, penso quindi che entro l’estate potrebbe essere presentata dal Governo. C’è il problema di dosare le ore che i medici dovrebbero lavorare nelle strutture, 18 a settimana, rendendole compatibili con i grandi carichi che l’emergenza impone, ma confidiamo in una soluzione vicina.”

I Pronto Soccorso

Sui Pronto Soccorso abbiamo fatto un bellissimo accordo, con tutte le rappresentanze sindacali, per ovviare in primo luogo alla fuga dalla emergenza e urgenza. A fronte di turni massacranti, un lavoro usurante e la incompatibilità con la libera professione, pochissimi giovani scelgono questo ambito così difficile. Quindi abbiamo cercato soluzioni per rendere più attrattivi i Pronto Soccorso, offrendo maggiori occasioni di carriera, riconoscendo, con la formula di attività aggiuntiva al posto di straordinario, una retribuzione praticamente doppia, concordando investimenti in strumentazioni più avanzate performanti, e soprattutto cercando di creare percorsi per allontanare dal Pronto Soccorso i pazienti riconosciuti in codice bianco, il 75% degli accessi. Come? Una soluzione potrebbe essere quella di ambulatori, con medici di continuità assistenziale, che dal triage raccolgano i codici bianchi, al momento dentro i Pronto Soccorsi stessi, quando saremo pronti nelle case di Comunità.”

Infine il tema finanziario. A chi vuole fare una buona sanità servono tre cose: i finanziamenti, perché la sanità costa tanto, il personale (e lo abbiamo già detto), e una buona programmazione, dal momento che anche l’innovazione si può innestare bene in una buona programmazione.”

“La nostra Regione, – conclude Donini – che fino ad oggi è sempre stata perfetta, dal 2020 è costantemente in disavanzo. Il Covid ha drenato centinaia di milioni dalle casse delle regioni, la gestione era quella del Commissario straordinario, e le regioni non hanno avuto ancora rimborso. Noi non vogliamo né una nuova centralizzazione, né una spinta alle privatizzazioni. Ci vogliamo riappropriare di quello che sappiamo fare bene.”


NdR:

  • Sugli Ospedali di Comunità, i cosiddetti spoke, si è speso solo qualche breve cenno ma, come detto, il tema degli Ospedali è imprescindibile. E’ difficile pensare ad una seria riforma dell’assistenza territoriale che non si raccordi perfettamente con un’altrettanto attenta organizzazione della rete ospedaliera. (vedi Forum dei clinici ospedalieri – Prof. Cognetti)
  • All’analisi dei problemi del Pronto Soccorso, comune a molti Paesi, è dedicata un’ampia letteratura (1) e si evidenzia anche la rilevanza dal punto di vista degli esiti, di una prolungata permanenza nelle corsie.  Ci sembra quindi difficile porre rimedio a questo grave situazione, definita da qualcuno l’imbuto della sanità, prescindendo da interventi a monte del pronto soccorso, riducendo l’afflusso e l’appropriatezza, all’interno del pronto soccorso, selezionando bene le problematiche ed indirizzando i pazienti nel percorso più idoneo e fluido, e a valle del pronto soccorso,  assicurando un adeguato flusso verso i reparti di degenza per quei pazienti che necessitano di ricovero (stimati tra il 15 e il 20% degli accessi).(2)
  • Il dibattito sul tema del DM 77 infiamma gli animi degli addetti ai lavori tanto quanto passa sotto silenzio nella stampa “laica”. Riportiamo la presentazione del Dott. Domenico Mantoan, Direttore Generale di AGENAS, società incaricata del monitoraggio del piano, e un documento delle Federazioni sindacali (cgil, cisl) per una legge del contrappasso.

(1) – Matthew Cooke et al (editors). Reducing Attendances and Waits in Emergency Departments. A systematic review of present innovations [PDF: 550 Kb]. Report to the National Co-ordinating Centre for NHS Service Delivery and Organisation R & D (NCCSDO) – 2005.

(2) – SALUTE Internazionale – aprile 2012

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