Montagnier aveva 89 anni. È morto all’ospedale americano Neuilly-sur-Seine a Parigi. Il quotidiano Liberation ha riportato il certificato di decesso del professore e la testimonianza della dottoressa Béatrice Milbert, con la quale il professore avrebbe dovuto organizzare una tavola rotonda a Ginevra nel gennaio 2021.
Anche il controverso professore Didier Raoult – “padre” della clorochina con la quale curava i suoi pazienti contagiati dal covid-19 a Marsiglia e il cui uso è stato bocciato sia dall’Oms che dall’Ema che dall’Aifa – aveva confermato la notizia nel pomeriggio.
Il professore aveva vinto il Nobel per la Medicina per i suoi studi sull’Aids ma da anni era stato screditato dalla comunità scientifica e allontanato dall’Institut Pasteur per le sue teorie. Il mondo social è apparso disorientato davanti a una notizia data per ore come un giallo, un mistero senza il conforto di alcuna fonte ufficiale. “Vogliamo sapere se è morto e come è morto”, si leggeva sui profili social agitati già in quella fase. “Se verrebbe confermata (scritto proprio così, ndr) la morte di #Montagnier, sarebbe spontaneo pensare ad un omicidio mirato, il cui mandante andrebbe cercato tra quelle che Falcone definiva ‘menti raffinatissime’”, si spingeva a osservare un altro.
Scrive “Liberation“:
Nonostante il premio Nobel, Luc Montagnier era stato oggetto di numerosi disconoscimenti all’interno della comunità scientifica. Questa deriva di un eminente scienziato è iniziata negli anni 2000, con la papaia fermentata come trattamento per il morbo di Parkinson.
Nel 2009 – l’anno dopo aver ricevuto il Nobel – ha difeso l’idea che un buon sistema immunitario può sbarazzarsi dell’HIV “in poche settimane” e che una buona dieta ricca di antiossidanti può essere esposta al virus senza essere cronicamente infettati. Nello stesso anno, sostenne l’idea che il DNA potesse imprimere un’impronta elettromagnetica sulle molecole d’acqua, una proprietà che sosteneva potesse essere utilizzata per test diagnostici per l’AIDS o la malattia di Lyme.
Montagnier in seguito sostiene che i disturbi dello spettro autistico sono di origine batterica e possono essere trattati con antibiotici. Nel 2017 ha presentato diverse tesi anti-vaccinazione, come il legame tra vaccinazione e sindrome della morte improvvisa del lattante, che è stata a lungo invalidata dalla ricerca scientifica.
Un collettivo di 106 accademici di medicina e scienze lo aveva poi criticato per “aver diffuso, al di fuori dell’ambito di sua competenza, messaggi pericolosi per la salute, a dispetto dell’etica che deve governare la scienza e la medicina”. Durante la crisi del Covid-19 si oppose anche alla vaccinazione, ritenuta pericolosa, che gli valse numerosi inviti dal sito FranceSoir.
In assenza di conferme nei media tradizionali, alcuni utenti di Internet hanno dubitato della veridicità di questa morte. Mercoledì pomeriggio, l’avvocato Fabrice Di Vizio, legale degli antivax e anti sanitari, si è detto “sorpreso” su Twitter quando ha scoperto l’annuncio di FranceSoir, prima di notare poche ore dopo che “la morte di Luc Montagnier non è stata il oggetto di eventuale smentita”.
Questo giovedì, al microfono di Radio Sud, il direttore del sito FranceSoir, Xavier Azalbert ha raccontato come è stato informato per la prima volta della morte: “Sapevamo da qualche giorno che era ricoverato all’ospedale di Neuilly, ma per rispetto per questo tipo di informazioni‚ per il segreto medico, non se ne parlava. E ieri mattina bisogna rendere omaggio anche a chi ha lanciato la notizia, fra essi c’è Silvano Trotta che su uno dei suoi thread di Telegram, ha detto che era morto. Ero in contatto con uno dei suoi stretti collaboratori, il dottor Gérard Guillaume dal abbiamo ricevuto conferma di questa informazione.
Quando è arrivata la conferma sui social sono partite le teorie – naturalmente senza alcuna prova e fonte – ad avanzare le ipotesi più strampalate e senza alcun fondamento. Per alcuni Montagnier “è morto di covid”, per altri “proprio dopo aver fatto il vaccino anti-covid”. Il complotto supremo è tirato in ballo da diversi utenti: risponde al nome di Big Pharma. E ancora, secondo altri, il Premio Nobel è stato “ucciso dai governo pro-pharma” direttamente.
Le cause della morte non sono state divulgate dalla famiglia.
Biografia (Wikipedia)
Montagnier si laureò nel 1953 in scienze biologiche; dopo la morte per tumore del padre, decise di iscriversi alla facoltà di medicina e di dedicarsi successivamente all’oncologia, ottenendo il dottorato di ricerca in medicina alla Sorbona nel 1960.[16] Nello stesso anno diviene ricercatore presso il Centre national de la recherche scientifique (CNRS); dal 1960 al 1964 svolge alcuni tirocini in Gran Bretagna presso i centri di ricerca di Carshalton (nella periferia di Londra) e Glasgow. Proprio a Carshalton nel 1963, isolando RNA a doppio filamento in alcune cellule infettate dal virus della encefalomiocardite, evidenziò un possibile coinvolgimento di sequenze a doppio filamento di RNA come matrice per la replicazione virale.
Dal 1965 al 1972 fu direttore di un laboratorio di ricerca dell’Istituto Curie presso Orsay. Nel 1972 fu quindi nominato capo dell’Unità Oncologica Virale dell’Istituto Pasteur e, nel 1974, direttore del CNRS.
Nel 1982 venne contattato da un team guidato dal dottor Willy Rozenbaum dell’Hôpital Bichat di Parigi per collaborare alla ricerca sulla possibile causa retrovirale della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), identificata appena l’anno prima negli Stati Uniti d’America. Attraverso una biopsia al linfonodo di uno dei pazienti di Rozenbaum nel 1983, il gruppo di ricercatori guidato da Montagnier fu in grado di isolare il virus, a cui fu dato il nome di LAV (lymphadenopathy-associated virus, ovvero “virus associato a linfoadenopatia”).
L’anno successivo un gruppo di studiosi statunitensi, guidato dal dottor Robert Gallo, capo laboratorio presso il National Cancer Institute di Bethesda nel Maryland, confermò la scoperta del virus, ma ne modificò il nome in “virus T-linfotropico umano di tipo III” (HTLV-III. Di lì a poco nacque un’accesa disputa internazionale tra Montagnier e Gallo su chi dei due potesse fregiarsi della paternità della scoperta, sorta in particolare a causa dei brevetti che i due presentarono per i test di diagnosi del virus: la polemica si sopì nel 1987 (anche grazie all’intervento politico del presidente americano Ronald Reagan e di quello francese Jacques Chirac, che sostennero come la scoperta del virus andasse suddivisa equamente tra i due scienziati) ma riprese nel 1990, quando il Chicago Tribune scoprì che i campioni analizzati da Gallo non provenivano da un paziente statunitense (come Gallo e il suo team avevano sempre sostenuto) ma erano in realtà stati forniti dall’Istituto Pasteur; Gallo affermò che la scoperta del virus era tecnicamente attribuibile a Montagnier e i due si riavvicinarono alla fine degli anni Novanta, rilasciando anche alcune pubblicazioni firmate da entrambi riguardo la storia della ricerca sull’HIV. Fece tuttavia scalpore, nel 2008, la mancata assegnazione del Nobel anche a Gallo, nonostante il suo ruolo fondamentale nel determinare l’associazione tra HIV e AIDS; lo stesso Montagnier si disse dispiaciuto per l’esclusione di Gallo dal premio.[
Nel 1986 Montagnier riuscì a isolare un secondo ceppo del virus HIV, chiamato HIV-2 e maggiormente diffuso in Africa, e fu insignito del premio Albert Lasker per la ricerca medica. In seguito Montagnier s’impegnò in progetti di prevenzione dell’AIDS e nella ricerca di un vaccino efficace contro questa patologia, collaborando con diversi virologi, tra cui l’italiano Vittorio Colizzi.
Nel 2008 gli venne assegnato il Premio Nobel per la medicina per la scoperta dell’HIV.
Nell’ottobre del 2014 Montagnier siglò un accordo di collaborazione con l’I.R.C.C.S Neuromed per portare avanti alcuni studi di ricerca sulle neuroscienze.
Luc Montagnier è morto l’8 febbraio 2022
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