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La spesa farmaceutica in Italia: cresce la povertà sanitaria

Seppur in possesso di una ricetta, nel nostro Paese una fascia di popolazione sempre più consistente non è in grado di acquistare un medicinale

TGCOM24 – 9 dicembre 2014

– I numeri, raccolti nel rapporto del Banco Farmaceutico Onlus, rivelano una povertà sanitaria sempre più diffusa. Nel corso degli ultimi 12 mesi, il numero di confezioni di medicinali richiesto è stato infatti superiore a quello registrato nel 2013. Quando la spesa sanitaria totale, nonostante le difficoltà della crisi economica, è comunque risultata in crescita.

Tanti sono infatti gli italiani che non sono in grado di acquistare medicinali anche se in possesso della ricetta medica. Secondo i dati dell’Osservatorio sulla donazione dei farmaci di Banco farmaceutico Onlus, presentato solo qualche giorno fa, nel 2014 è infatti aumentata la richiesta di confezioni di farmaci (passate dalle 2.943.659 confezioni del 2013 alle 3.057.405 attuali) rispetto al 2013. Quando la spesa farmaceutica totale – pubblica e privata – è stata pari a 26,1 miliardi di euro (+2,6% rispetto al 2012), stando al reportL’uso dei farmaci in Italia dell’Osservatorio sull’impiego dei medicinali dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).

Il 75,4% dei quali è stato rimborsato dal Sistema sanitario nazionale (SSN) contro una media OCSE del 72%. Mediamente, per ogni italiano, la spesa per farmaci è ammontata a circa 436 euro.

Lo Stato viene quindi incontro alle esigenze dei propri cittadini, rimborsando una quota delle spese farmaceutiche affrontate nel corso dell’anno. Parte delle quali deve comunque essere sostenuta dalle famiglie italiane senza il sostegno del sistema sanitario nazionale (SSN), che garantisce un livello di copertura giudicato “in prevalenza” in modo positivo, secondo il Monitor Biomedico 2014curato dal CENSIS. È tuttavia aumentata la percentuale di chi reputa insufficienti i farmaci garantiti dal SSN: il 35% contro il 31% del 2012

La spesa farmaceutica in Italia: cresce la povertà sanitaria

Complici i tagli previsti nella legge di Stabilità a carico delle Regioni (circa 4 miliardi), nel 2015 il Fondo sanitario nazionale potrebbe fare a meno di 1,5 miliardi di euro, come anticipato dal presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino. Verrebbero così ridotti parte dei fondi stanziati attraverso il Patto per la Salute sottoscritto quest’estate che prevedeva 109,9 miliardi per il 2014; 112 miliardi per il 2015 e 115,4 miliardi per il 2016.

Secondo la 17esima edizione del Rapporto PIT Salute (Sanità) in cerca di cura, presentato dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva ad inizio settembre, mediamente una famiglia italiana spende 650 euro per acquistare i farmaci necessari e non rimborsati dal servizio sanitario nazionale e 910 euro per i para-farmaci, come gli integratori alimentari o il materiale sterile utilizzato nelle medicazioni. Oltre 7mila euro (7.390) vengono invece spesi da chi deve ricorrere a strutture residenziali o semi-residenziali, 9.082 euro da chi ha invece bisogno di un’eventuale badante. Mentre occorrono 1.070 euro per sottoporsi a visite specialistiche e riabilitative, 537 euro per protesi e ausili e 737 euro per dispositivi medici monouso, come pannoloni o cateteri.

Pur rimanendo “molto inferiore” alla media OCSE, la quota di mercato dei farmaci generici è aumentata del 3% negli ultimi anni, passando dal 6% del 2008 al 9% nel 2012 secondo i dati contenuti nelOECD Health Statistics 2014.

La spesa farmaceutica rimane quindi consistente, influenzando in modo inevitabile la spesa sanitaria, pari nel 2012 al 9,2% del Prodotto interno lordo (PIL). Il 77,3% del quale è riconducibile alla spesa sanitaria pubblica (ovvero a quanto viene destinato per soddisfare il bisogno di salute dei cittadini in termini di prestazioni sanitarie) che secondo l’ISTAT è stata pari al 7% del PIL (111 miliardi di euro).

La spesa farmaceutica in Italia: cresce la povertà sanitaria

In Italia, la spesa sanitaria assorbe quindi una percentuale del prodotto interno lordo molto vicina alla media OCSE (il 9,3%) eppure di gran lunga inferiore rispetto a quella degli Stati Uniti (il 17,7%) e di molti dei nostri partner europei come i Paesi Bassi (11,8%), la Francia (11,6%), la Svizzera (11,4%) e la Germania (11,3%).

Redazione Fedaisf

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