La compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini, introdotta con l’obiettivo di moderare i consumi, si è progressivamente trasformata in un consistente capitolo di entrate per le Regioni in un’epoca segnata dall’imponente definanziamento pubblico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Tuttavia, il livello di autonomia con cui le Regioni hanno regolato la compartecipazione alla spesa sanitaria ha generato una “giungla dei ticket” con notevoli differenze relative alle prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni ambulatoriali e specialistiche, pronto soccorso, etc.), agli importi che i cittadini sono tenuti a corrispondere e alle regole per definire le esenzioni. Se le modalità di applicazione dei ticket sui farmaci vengono monitorate e aggiornate da Federfarma, per le prestazioni specialistiche le informazioni sono disponibili solo sui siti web delle singole Regioni.
Il Rapporto 2020 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica e il monitoraggio della spesa farmaceutica 2019 dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) hanno fornito i dati definitivi sulla compartecipazione alla spesa dei cittadini relativi all’anno 2019. Il report Gimbe analizza in dettaglio composizione e differenze regionali della compartecipazione alla spesa sanitaria, che nel 2019 è pari a € 2.935,8 milioni di cui: € 1.581,8 milioni per i farmaci e € 1.354 milioni per le prestazioni specialistiche, incluse quelle di pronto soccorso (€ 46,4 milioni5) e altre prestazioni (€ 12,2 milioni). Tali importi corrispondono ad una quota pro-capite di € 48,6 di cui: € 26,2 per i farmaci e € 22,4 per le prestazioni specialistiche. Rispetto all’anno precedente, nel 2019 la spesa per i ticket si è complessivamente ridotta di € 32,2 milioni (-1,1%), di cui -€ 5 milioni (-0,4%) per le prestazioni specialistiche e -€ 27,2 milioni (-1,7%) per i farmaci, per i quali la quota fissa si è ridotta di € 23,3 milioni (-4,8%), mentre quella relativa al prezzo di riferimento è diminuita di € 3,9 milioni (-0,3%).
Se nel 2014 la spesa per farmaci e specialistica risultavano sovrapponibili, negli anni successivi si è determinata una progressiva ricomposizione percentuale conseguente alla riduzione della spesa per i ticket sulle prestazioni (-6,5%) ed al contemporaneo aumento di quella per i ticket sui farmaci (+10,1%).
Mentre l’incremento del ticket sui farmaci è prevalentemente a carico della quota differenziale per l’acquisto dei farmaci brand, preferiti agli equivalenti la progressiva riduzione dei ticket per le prestazioni specialistiche indica almeno parzialmente uno spostamento della domanda verso il privato, più concorrenziale per le fasce di reddito più elevate, in particolare dopo l’introduzione del superticket.
Tale limitata diffusione degli equivalenti nel nostro Paese è documentata da numerosi confronti internazionali. Secondo il report dell’OCSE Health at a Glance 20196, l’Italia si colloca al penultimo posto su 26 paesi per valore (8,1% vs 24,9% della media OCSE), e al terzultimo posto per volume (25,1% vs 52,4% della media OCSE) dei farmaci equivalenti. Nell’aggiornamento dei dati OCSE al 1 luglio 2020, su 13 paesi l’Italia si posiziona all’ultimo posto per valore (9,1%) e al penultimo per volume (27,7%) di farmaci equivalenti.
Il report conferma notevoli eterogeneità regionali relative alla compartecipazione alla spesa sanitaria (ticket prestazioni specialistiche vs farmaci, quota ricetta fissa vs quota prezzo di riferimento) che richiedono azioni differenziate. In particolare, se l’incremento del fabbisogno sanitario nazionale per il superamento del superticket permetterà una progressiva riduzione della compartecipazione per le prestazioni specialistiche, mancano tuttora azioni concrete per promuovere l’utilizzo dei farmaci equivalenti, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud.
In altri termini, a fronte di € 554 milioni/anno di risorse pubbliche stanziate per favorire l’accesso alle prestazioni specialistiche, stride il fatto che i cittadini sborsino per i farmaci brand oltre € 1.120 milioni, che rappresentano il 38,2% della compartecipazione alla spesa sanitaria e il 71% di quella per i farmaci.
Infine, dal punto di vista dell’equità di accesso alle cure è inderogabile uniformare a livello nazionale regole per le esenzioni e criteri per la compartecipazione alla spesa sanitaria, di fatto una delle più grandi incompiute politiche degli ultimi anni.
Rapporto Gimbe (estratto)