Dai farmaci alle ecografie, dagli occhiali da vista alle sedute dal dentista: in un anno, per curarsi, gli italiani spendono complessivamente 40 miliardi di euro di tasca propria. Una spesa sanitaria privata che in 4 anni, nel periodo 2013-2017, è aumentata di ben il 9,6%, praticamente il doppio rispetto a quella dei consumi. E che ha portato 7 milioni di persone a indebitarsi per pagare le cure e 2,8 milioni a svincolare i propri investimenti o, addirittura, a vendere casa. Sono alcuni dei dati emersi dal rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentato ieri a Roma in occasione del Welfare Day. «Invertire questa tendenza – commenta il ministro della Salute Giulia Grillo – è una priorità ineludibile e il Ministero che rappresento nei prossimi mesi elaborerà soluzioni che garantiscano su tutto il territorio nazionale adeguati livelli di assistenza».
Il fenomeno della spesa sanitaria ‘out of pocket’, ovvero pagata di tasca propria dai cittadini, ha riguardato oltre 44 milioni di persone, più di 2 italiani su 3, con un esborso medio di circa 655 euro ciascuno. In particolare 7 cittadini su 10 hanno acquistato farmaci di tasca propria, per una spesa di 17 miliardi; 6 cittadini su 10 visite specialistiche (per circa 7,5 mld); 4 cittadini su 10 prestazioni odontoiatriche (oltre 8 mld). E ancora, oltre 5 cittadini su 10 prestazioni diagnostiche e analisi (3,8 mld); oltre 1,5 cittadini su 10 occhiali e lenti (2 mld). In questo contesto monta il rancore verso il Servizio Sanitario. A provare sentimenti di rabbia, dovuti a liste d’attesa o malasanità, sono il 38% degli italiani, quasi 4 su 10. Mentre il 26,8% è critico perché, oltre alle tasse, bisogna pagare di tasca propria troppe prestazioni e perché le strutture non sempre funzionano come dovrebbero. E la sanità ha giocato molto nel risultato elettorale, tanto che per l’81% dei cittadini è una questione decisiva nella scelta del partito per cui votare.
Questi stati d’animo negativi, commenta Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), «ci preoccupano anche perché poi si ritorcono contro i professionisti della sanità, che diventano i capri espiatori del clima di conflittualità». Speriamo, prosegue, che «la rabbia diventi motore del cambiamento». «La spesa sanitaria privata – commenta Marco Vecchietti, amministratore delegato di Rbm Salute – rappresenta la più grande forma di disuguaglianza, perché pone il cittadino di fronte alla scelta tra pagare o non curarsi. Se non si interviene continuerà ad aumentare». Per questo, prosegue, «chiediamo al nuovo Governo un riordino della sanità integrativa, ovvero polizze e fondi sanitari, che sia in grado di traghettarla da strumento utilizzato per lo più dai lavoratori dipendenti, quale oggi è, a vero e proprio strumento di welfare sociale, in grado di rispondere al disagio crescente di chi deve indebitarsi per pagare le cure».
Di Livia Parisi – Fonte Ansa
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