Fuga di medici dalla Casa della Salute, Galvani: «Sono strutture che mascherano i tagli alla sanità»
Il Coordinamento comitati salva sanità pubblica critica il quadro locale dopo l’abbandono di alcuni medici alla Casa della Salute di Podenzano
Il Piacenza – by Redazione 7 gennaio 2018
Fuga di medici dalla Casa della Salute di Podenzano. La struttura sanitaria dell’Ausl di Piacenza ha registrato l’interruzione del rapporto, in questa sede, con sette medici del territorio. «Ma tra questo rimpallarsi le responsabilità – sottolinea Bruno Galvani, presidente della Fondazione Anmil onlus e portavoce del Coordinamento comitati (che vede raggruppati il comitato di Castel san Giovanni presieduto da Silvia Brega, il comitato di Villanova sull’Arda, presieduto da Valter Bulla e quello di Fiorenzuola d’Arda, presieduto da Elisabetta Bolzoni), qualcuno pensa seriamente alla salute dei cittadini? Di fronte alla situazione a dir poco critica della Casa della salute di Podenzano (i medici di famiglia e i pediatri convenzionati da qualche giorno hanno abbandonato la struttura e sono tornati a visitare nei propri studi a tempo pieno), la domanda che ci sovviene è la seguente: ma perché i tanti investimenti effettuati da ASL per strutture che avrebbero rivoluzionato la sanità sul territorio e agevolato i pazienti sono stati ad oggi così infruttuosi?
I medici di famiglia coinvolti e stimolati anche economicamente per seguire dei percorsi diagnostico-terapeutici nei pazienti cronici dal paziente iperteso, diabetico, cardiopatico ecc. da sempre hanno curato i propri pazienti al meglio senza percepire incentivi, ma semplicemente hanno sempre garantito cure adeguate con l’eventuale apporto dello specialista come è giusto che sia e come è nel lavoro del medico di famiglia già stipendiato per svolgere il proprio mestiere secondo scienza e coscienza. A parte qualche criticità, era evidente a tutti quanto funzionava il sistema di cure sul territorio, tant’è che il SSN italiano è sempre stato preso come esempio anche all’estero. Poi arriva la grande trovata, almeno sulla carta: i medici di famiglia raggruppati in un’unica struttura avrebbero garantito un servizio efficiente, con tanto di personale infermieristico e qualche specialista che già era presente sul territorio tutti nelle stesso posto, appunto la Casa della salute.
Tanti denari pubblici per un’organizzazione che è quasi fallita ancora prima di iniziare. Eravamo stati facili profeti quando alcuni mesi fa, mentre tutti, sindacati compresi, elogiavano a gran voce le Case della salute, noi dei comitati affermavamo che questa idea era nata prevalentemente per mascherare i tagli che stavano intaccato pesantemente il nostro sistema sanitario nazionale e conseguentemente locale. E lo facemmo non perché abbiamo la sfera magica, ma solo perché ascoltavamo le tantissime critiche che già da anni si stavano levando proprio dai medici e dal loro sindacato di riferimento contro questa soluzione “scaricabarile”. Eccone un paio di esempi: “La pressione da parte delle ASL nei confronti dei medici di famiglia è una vera vessazione. Li si vuole indurre a diminuire il numero di prescrizioni mediche a favore di una diminuzione della spesa farmaceutica” oppure “Le Case della salute possono essere utili in alcuni casi per curare le cronicità anche se studi o evidenze scientifiche sulla loro efficacia sono pochi. Ma è evidente che il modello Case della Salute così com’è non sarà mai in grado di competere sull’emergenza con i servizi diagnostici che offre un Pronto soccorso di ospedale, così come il lavoro del medico di famiglia non può essere legato a dei codici colorati”. In poche parole, se dicono che stai sbagliando pesantemente proprio quelli che devono lavorare in sinergia con te, qualche riflessione la devi fare o no? Se i medici si ribellano, il mondo idilliaco dipinto dai dirigenti ASL in cui anche i sanitari sarebbero entusiasti del nuovo piano sanitario approvato dai sindaci in Ctss con neppure un voto in più dello stretto necessario, forse non era poi così idilliaco, no?
E cosa si deve pensare in merito alle ultime indiscrezioni circa il futuro, sempre più fosco, dell’ospedale di Fiorenzuola? Allora ci viene spontaneo chiedere pubblicamente se sono vere le notizie che circolano secondo cui la Direzione Sanitaria vuole togliere l’anestesista (Rianimatore) dall’ospedale di Fiorenzuola di sera e nei festivi, cercando di formare i medici di medicina per far fare loro le manovre di rianimazione? Eliminare l’anestesista rianimatore significa 1. declassare il pronto soccorso a centro di primo intervento ( poco più di una guardia medica) 2. Eliminare, almeno per ora, l’area Critica 3. lasciare tutta la val d’Arda senza una figura professionale indispensabile per affrontare l’emergenza/urgenza Ma non doveva essere che era fondamentale trasferire l’Unità Spinale a Fiorenzuola perchè “la Terapia Sub Intensiva1 che oggi non viene garantita nel Presidio di Villanova la si può erogare più agevolmente nell’Ospedale di Fiorenzuola”?. Se fossero vere queste voci, come viene giudicato dal sindaco di Fiorenzuola questo nuovo, ulteriore depotenziamento?
Puoi continuare anche giorno e notte a dire di non recarsi al pronto soccorso se non è strettamente necessario, ma se mancano letti e personale stai pur certo che il tutto scoppierà comunque, creando danni inevitabilmente a quelli che invece dovresti curare al meglio. E allora concludiamo l’intervento auspicando per l’ennesima volta che davanti a queste situazioni preoccupanti vi sia una profonda riflessione da parte della politica, che abbia il coraggio di farsi sentire e chieda con forza di rivedere il famigerato piano sanitario che, come pare si evidenzi ogni giorno di più, è altamente penalizzante per i cittadini nonché pazienti e contribuenti, che ogni giorno vedono spesi in malo modo i soldi pubblici e la loro salute sempre più messa a rischio».
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