Siamo un popolo che colleziona farmaci, neanche fossero caramelle. Certamente ne esistono di indispensabili – farmaci, non caramelle – per la nostra salute, medicine senza le quali non potremmo vivere o vivremmo male. Il punto in realtà è un altro e sta tutto nell’eccesso che genera una catena di eccessi portati all’infinito.
Si può cominciare da una cifra: 1 milione e 300.000 italiani utilizzano, ogni giorno, oltre 10 medicinali a testa. Un conto che non torna perché nessuno di noi – tranne che in rari casi – assumerebbe dieci pillole al giorno. Però, in media, tutti disponiamo nelle nostre case di questo quantitativo chimico. Ne siamo tutti complici: consumatori, medici, farmacisti, l’industria farmaceutica.
Sperperiamo soldi, pubblici e privati, ma soprattutto – e in particolare con le cure “fai da te” – danneggiamo la nostra salute. Spesso ci sentiamo in grado di stabilire la cura del nostro disturbo e li acquistiamo; se – come spesso accade – non funzionano, li dimentichiamo in qualche cassetto.
L’Agenzia nazionale del farmaco stima che, ad esempio, su 16 milioni di ipertesi solo 8 accettano le cure per il periodo deciso dal medico di competenza, gli altri se ne disfano dopo due o tre mesi. La stessa Agenzia fa notare come i medicinali più soggetti allo spreco siano gli antibiotici, seguiti dagli analgesici, gli sciroppi, i farmaci per l’ipertensione, gli anticoagulanti.
Fatta eccezione per gli analgesici e gli sciroppi, gli altri farmaci in Italia sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. Ne deriva uno spreco economico che si aggira intorno ai 2 miliardi di euro l’anno a cui vanno aggiunti 400.000 euro annui per quelli non rimborsabili.
Qualcosa, o più di qualcosa, non funziona. L’atteggiamento compulsivo del consumatore che va in farmacia a fare spesa di farmaci certamente non aiuta, come non è plausibile il comportamento di un determinato farmacista poco oculato che non consiglia, non sconsiglia, non spiega. Concorrono al problema anche alcuni medici che prescrivono rimedi magari spesso neanche presi in considerazione dal paziente o a loro modo superflui. Le industrie farmaceutiche completano un quadro che non ha più nulla di razionale dal momento che tutto è portato all’eccesso.
Altro problema di non poco conto è l’impatto ambientale perché in una città media italiana vanno a confluire nello smaltimento dei rifiuti 320.000 chili di farmaci all’anno. Stiamo parlando di un’assurdità che potrebbe essere evitata in prima istanza essendo ragionevoli ed evitando quindi acquisti senza logica, in secondo luogo intervenendo sulla scadenza del farmaco. Se, ed accade molto spesso, il medicinale acquistato non serve, è idiota dimenticarlo nel cassetto perché questo non ci renderà più ricchi ma solo più sciocchi. Quindi ci affideremo all’aiuto dei volontari che collaborano con il Banco farmaceutico il cui scopo, non a caso, è proprio quello di recuperare medicine ancora utilizzabili per donarle a chi non può acquistarle. Due azioni virtuose in una: nessuno spreco e sostegno a chi ne ha bisogno.
Certamente è un dato di fatto che le attività del Banco farmaceutico non godono di una collaborazione così strutturata da parte dei farmacisti. Inutile analizzare le ragioni di questo comportamento, magari semplicemente si tratta di impossibilità organizzativa. Tuttavia la soluzione esiste e non è così onerosa: allestire punti di raccolta per i medicinali donati dai consumatori da donare alle associazioni che certamente saprebbero cosa farne.