I medici britannici dovranno lavorare durante i fine settimana: lo ha annunciato il ministro della Salute Jeremy Hunt, citando i risultati di uno studio secondo cui proprio durante i weekend ci sarebbe un picco di decessi.
«La cultura del lavoro dal lunedì al venerdì nel National health system ha conseguenze tragiche – ha dichiarato il ministro – stimabili in circa seimila morti all’anno». Mentre gli infermieri, il personale paramedico e il personale delle ambulanze sono a disposizione sette giorni su sette, i medici del National health system (Nhs) che non lavorano in reparti di emergenza possono scegliere di non lavorare il sabato e la domenica, opzione che potrebbe non essere più concessa ai nuovi assunti, in un’ottica di profonda revisione del sistema.
Nel tentare un parallelo con la situazione italiana, Riccardo Cassi, presidente di Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri, invita alla cautela: «Una cosa è l’emergenza, che va garantita, e altra l’attività ordinaria; già non abbiamo personale e siamo stati condannati dall’Ue per il mancato rispetto dei turni di riposo… un’ipotesi come quella in discussione in Gran Bretagna comporterebbe un cambiamento completo dell’organizzazione del lavoro oltre che della dotazione organica». Ma Cassi pone anche obiezioni di merito: «Non si può pensare agli ospedali come centri commerciali che aprono alla domenica per vendere di più; è dimostrato che una maggiore offerta riduce le liste d’attesa ma solo all’inizio; bisogna intervenire sulla appropriatezza della prestazione, non sul numero delle prestazioni offerte».
Diversa la situazione relativa all’assistenza territoriale dove, secondo il responsabile della comunicazione nazionale della Fimmg Fiorenzo Corti la copertura continua di una assistenza medica di qualità è estremamente importante e per combattere un atteggiamento impiegatizio andrebbero messe in atto delle contromisure, che dovrebbero essere di due tipi: «l’esternalizzazione di questo tipo di funzione e soprattutto il suo adeguato finanziamento con una logica di maggior retribuzione».
In Italia, ricorda Corti, «siamo in attesa che venga rinnovata la convenzione e ridisegnato il sistema di erogazione delle cure territoriali: si va verso quello che viene chiamato ruolo unico, in cui medico di medicina generale convenzionato con il Ssn potrà svolgere sia compiti di medicina di famiglia remunerati a quota capitaria che compiti di guardia medica remunerati a quota oraria».