Un esempio riguarda i farmaci generici, quindi non più protetti dai brevetti. In Italia la percentuale di tali prodotti sul complesso della spesa farmaceutica è del 14%, meno di un terzo del 50% raggiunto da Olanda e Germania. Se la percentuale di generici in Italia si allineasse alla media europea le casse pubbliche risparmierebbero circa 1,1 miliardi di euro/anno.
di Vittorio Agnoletto | 3 giugno 2015 | ECONOMIA & LOBBY Il Fatto Quotidiano
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” così recita l’articolo 32 della Costituzione.
Affermazioni importanti, ma che non sempre sono rispettate perché attorno alla salute si muovono interessi enormi e lobby estremamente potenti. L’industria farmaceutica è al secondo posto nei mercati mondiali nella distribuzione di dividendi ai propri azionisti, seconda solo all’industria militare. Le aziende del settore farmaceutico e della salute nel 2013 hanno speso più di 487 milioni di dollari in lobbying negli USA e hanno finanziato con 260 milioni di dollari le campagne elettorali del 2012, ovviamente in modo bipartisan per essere comunque tutelate chiunque venisse eletto. Nel medesimo tempo hanno usato circa 50 milioni di dollari/anno per condizionare il potere politico dell’Ue verso scelte commerciali e fiscali a loro favore.
Qualche giornofa varie associazioni hanno rivolto alla ministra della Salute un drammatico appello: su 30mila coinfettati dai virus Hiv/Hcv (dell’AIDS e dell’Epatite C) sono 8.000 coloro che progrediranno verso la cirrosi e il cancro del fegato e sono 376 quelle che rischieranno di morire nei prossimi cinque anni se non potranno curarsi coi nuovi farmaci. Il Sofosbuvir è un nuovo farmaco contro l’epatite C, malattia che ha in Italia uno dei più elevati tassi di diffusione al mondo. Secondo il prof. Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, nel nostro Paese si stima vi siano circa 1 milione e mezzo di infetti da Epatite C tra i quali 50.000 in condizioni veramente gravi.
La ditta Gilead Sciences che produce il Sofosbuvir ha stabilito negli Stati Uniti il prezzo di quasi 1000 dollari per ogni compressa per un costo totale per ciclo di terapia di circa 84.000 dollari a persona, pari a 68.000 euro. Un prezzo stratosferico, per nulla giustificato né dai costi della ricerca, né dal costo del principio attivo che viene circa 12.000 euro al kg; con tale quantità si possono confezionare 30 cicli terapeutici arrivando ad un ricavo di oltre 2 milioni di euro! Ci troviamo di fronte ad una vera e propria speculazione: in Egitto il medesimo farmaco costa 700 euro per ciclo e in India 300 dollari, circa 250 euro: 270 volte meno del prezzo nel mercato occidentale!
In Italia l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha stabilito in 74.258 euro il prezzo per ciclo al pubblico e circa 45.000 il prezzo ospedaliero. Il governo ha stanziato per il prossimo anno 500 milioni. Le persone che potranno curarsi gratuitamente saranno poco più di 10.000, selezionate con rigidi criteri che escludono altre decine di migliaia di malati tra cui molti con la coinfezione Hiv/Hcv i quali potranno eventualmente curarsi solo a proprie spese.
La nostra storia nazionale ha visto nel passato ministri della Sanità finire in carcere e alti dirigenti della sanità pubblica nascondere lingotti d’oro in casa. L’industria farmaceutica esercita ancora oggi un enorme potere verso il mondo politico e medico di casa nostra.
Tra i 90 medici e ricercatori, estensori nel 2011 delle nuove linee guida per le terapie dell’AIDS, ben due terzi avevano una qualche forma di collaborazione con aziende farmaceutiche coinvolte nella cura della malattia: Abbot, Britstol-Meyer-Squibb, Gilead, Glaxo-SmithKline, Merck Sharp&Dhome, Pfizer solo per citare le più conosciute. Definire le linee guida significa stabilire il mercato dei vari farmaci e di conseguenza i profitti delle aziende.
Un secondo esempio riguarda i farmaci generici, quindi non più protetti dai brevetti. In Italia la percentuale di tali prodotti sul complesso della spesa farmaceutica è del 14%, meno di un terzo del 50% raggiunto da Olanda e Germania. Secondo una recente ricerca di Nomisma la ragione principale starebbe proprio nella scelta dei medici di non prescrivere i generici, cedendo alle pressioni delle lobby farmaceutiche. Lo stesso studio spiega che se la percentuale di generici in Italia si allineasse alla media europea le casse pubbliche risparmierebbero circa 1,1 miliardi di euro/anno.
Nell’attuale drammatica situazione economica la connivenza tra il potere politico e Big Pharma ha come conseguenza la cancellazione dei diritti previsti dalla Costituzione: non tutti potranno curarsi, molti non avranno accesso ai farmaci e la possibilità di guarire o di migliorare la qualità della propria salute dipenderà sempre di più dal singolo portafoglio.
N.d.R.: Ammiriamo molto la passione che mette il Dr. Agnoletto nel sostenere le sue tesi, e non abbiamo una particolare simpatia per Big Pharma, ma se afferma cose inesatte o non aggiornate ci corre l’obbligo di sottolinearlo. Facendogli anche notare che se cita dati non corretti può cadere tutta l’impalcatura del suo discorso.
Il più basso dei prezzi di un farmaco generico diviene il prezzo di riferimento per tutti quei farmaci contenenti quello stesso principio attivo. La differenza fra prezzo di riferimento e farmaco di marca è a carico del cittadino. Le casse pubbliche non ci rimettono un centesimo!
Secondo l’EFPIA (European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations) lo share dei generici nel mercato italiano è 41,5%. Le percentuali di mercato più basse si registrano invece in Svizzera (11,5%), Olanda (12,7%), Belgio (14,6%), Grecia (15,1%).
Secondo l’OsMed in Italia il consumo di farmaci a brevetto scaduto è al 70,4% con una spesa lorda del 51,1% del totale della spesa, mentre i generici sono al 28,8%, calcolato sul totale della spesa per i farmaci a brevetto scaduto.
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