Il solo scarto dalle medie prescrittive non basta a far condannare medico e farmacista cui si contesta di avere erogato impropriamente farmaci a carico Ssn. La condanna per iperprescrizione può arrivare solo per la parte di danno provato e imputabile a colpa grave; e quest’ultima si attua solo se il sanitario ha mostrato particolari negligenza, imprudenza o imperizia in funzione del tipo di attività richiesta nel suo settore di pubblica amministrazione. Lo afferma la Corte dei conti d’appello siciliana con sentenza 61/15 del 2 marzo.
Tutto nasce da contestazioni delle Asl a medici di un consultorio che si era appurato avevano prescritto medicine a pazienti non presenti; parimenti i farmacisti avevano erogato il medicinale, e talora a beneficio di defunti. La Corte dei Conti siciliana, cui erano state segnalate le irregolarità, in primo grado ha assolto i sanitari contestando alla procura che per provare l’iperprescrizione non si deve ragionare sugli scostamenti statistici valutati in astratto, sulla base delle differenze con le medie prescrittive dei colleghi mmg dello stesso distretto, e in appello ha condannato solo gli autori ed erogatori delle 140 ricette emesse a pazienti che avevano negato di averle chieste o acquistate.
«La sentenza siciliana sembra confermare l’orientamento della Corte dei Conti lombarda che nel 2010 con una serie di sentenze, ridimensionò il noto caso dei 564 medici accusati di iperprescrizione nella nostra regione», dice Roberto Carlo Rossi presidente Snami Lombardia. «La sentenza più nota – la 24095- afferma come per desumere la colpevolezza del medico non basta che questi abbia sforato parametri statistici, come in precedenza aveva stabilito la Corte dei Conti umbra: non si può condannare il medico perché ha “superato medie ponderate” di spesa farmaceutica pro capite nel bacino di utenza, senza che si siano provate “ulteriori specifiche voci di danno, frutto di ingiustificate prescrizioni del convenuto”. Non che sia inattendibile il criterio statistico ma non va bene ragionare in astratto sull’insieme della prescrizione del medico quando la responsabilità amministrativo-contabile nasce sempre da comportamenti dannosi provati “con regole eziologico-causali e non desumibili statisticamente”».
Rossi ricorda un altro principio fissato nella 24095: «Perché il medico assista il paziente al meglio delle sue capacità, “gli va riconosciuto un margine di discrezionalità nella gestione della discrepanza che si può talora verificare fra le condizioni cliniche, la tollerabilità ai trattamenti e le potenziali interazioni farmacologiche secondo caratteristiche del singolo paziente”. Ergo, “non è illegittimo prescrivere farmaci anche in deroga apparente alle disposizioni vigenti, ovviamente nei limiti della logica, della ragionevolezza e dei basilari approdi della letteratura scientifica”. Purtroppo, all’apertura che vedo in queste sentenze non corrisponde una riflessione della parte pubblica. Proprio in Sicilia, a Catania, le Asl perseguono i medici per la prescrizione di alendronato che è assoggettata da un mix di note prescrittive Aifa e locali a densitometrie prescrivibili a loro volta con il bilancino. In altre parole, il mondo amministrativo non legge le sentenze e medici e pazienti vivono peggio».