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Dall’influenza aviaria alla lingua blu. I virus che negli ultimi 15 anni hanno infestato e decimato gli allevamenti di polli, ovini e bovini di tutta Italia potrebbero esseri stati indotti da chi voleva lucrare sulla produzione dei vaccini. Il tutto sfruttando la paura che inevitabilmente si diffonde tra allevatori e consumatori quando si parla di epidemie. La procura di Roma ha appena concluso un’indagine che fra tremare dirigenti del ministero della Salute e manager di colossi farmaceutici. Sono 41 gli indagati e 3 le associazioni individuate dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Le accuse spaziano dalla ricettazione alla corruzione, dalla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica alla tentata epidemia, dalla concussione all’abuso d’ufficio.
Gli Usa sono stati i primi a scoprire il contrabbando di ceppi di virus vivi dell’influenza aviaria con l’Arabia Saudita. Paolo Candoli, manager italiano dalla multinazionale farmaceutica Merial spa, è stato interrogato il 30 marzo 2004 dagli investigatori americani ai quali ha confessato di aver ricevuto dal veterinario Mark Dekich un virus di influenza aviaria altamente patogeno denominato H9. Proveniente dall’Arabia Saudita, il virus ha viaggiato via mare, nascosto dentro cubetti di ghiaccio, per poi arrivare nell’aprile 1999, tramite corriere, a Cesena, direttamente a casa di Candoli. Responsabile del laboratorio di virologia del Centro nazionale per l’influenza aviaria, deputata alla Camera in quota Scelta Civica, Ilaria Capua è invece accusata di aver ceduto il ceppo virale di origine pakistana denominato H7N3 alla Merial Italia spa «ricevendo indebitamente – si legge nel capo d’imputazione – un’imprecisata ma elevata somma di denaro da Daniela Nieddu», responsabile «Ricerca e sviluppo» della società farmaceutica. I virus H9 e H7N3 sono stati utilizzati inizialmente «per produrre in forma clandestina, senza la prescritta autorizzazione ministeriale, specialità medicinali a uso veterinario, procedendo poi alla loro commercializzazione e somministrazione sugli animali, determinando la diffusione non più controllata dell’influenza aviaria negli allevamenti avicoli del nord Italia»