RomaTutti dicono di volere più produttività e flessibilità e, comunque, di voler fare in modo che le fabbriche italiane restino sul suolo patrio. Facile a parole, un po’ meno nei fatti come dimostrano le peripezie del contratto dei chimici firmato ieri. Il premier Mario Monti si è giocato proprio la carta produttività al tavolo con la Fiat, inserendola tra i motivi per cui Sergio Marchionne dovrebbe decidere di restare in Italia. Semplificando: Confindustria e sindacati si metteranno d’accordo su accordi aziendali che permetteranno deroghe al contratto nazionale e l’azienda potrà contare, una volta superato l’Annus horribilis dell’auto, su un Paese più competitivo.Il modello, se il Lingotto volesse andare un po’ oltre Fabbrica Italia, potrebbe essere proprio quello del contratto siglato ieri da Federchimica, Farmindustria (un po’ un paradosso visto cche sono entrambe associate a Confindustria, della quale non fa parte Fiat) e i sindacati del settore Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil. Intesa che prevede aumenti medi di 148 euro, ma anche deroghe al contratto nazionale, compresa la parte che riguarda i salari, anche se subordinati alla conferma degli sgravi fiscali. Tradotto, se un’azienda è in difficoltà, i rappresentanti dei lavoratori e quelli del datore si mettono intorno a un tavolo e possono anche rimodulare gli aumenti previsti a livello nazionale, pianificare orari diversi e decidere altre misure per non fare chiudere i battenti alla fabbrica. Allo stesso tempo, se è un momento particolarmente positivo, possono accordarsi su aumenti più consistenti. Decisione in linea con questi tempi di crisi. «La firma senza un’ora di sciopero del nuovo contratto, tutto orientato alla produttività, apre la stagione dei rinnovi nel segno della responsabilità», ha commentato il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. Peccato che la Cgil non sia d’accordo. Alberto Morselli, segretario della federazione Cgil che ha siglato il contratto non ha l’appoggio della sua confederazione. La scomunica ieri è arrivata per bocca del segretario confederale della Cgil Vincenzo Scudiere, irritato perché i termini dell’intesa sono stati in parte anticipati dalla stampa, ma anche perché quello che ha letto non gli è piaciuto. Quei contenuti «Non sono condivisi in nessun caso dalla nostra organizzazione, perché non rispondenti né alla nostra impostazione, né all’accordo del 28 giugno». Poco dopo la firma del contratto Morselli si è dimesso. Anche nelle ultime ore prima della firma, raccontavano ieri fonti sindacali, Corso d’Italia ha cercato di bloccare l’intesa, giudicata troppo spericolata. Il nuovo segretario della Filctem, il successore di Morselli, potrebbe decidere di ritirare la firma, facendo contenta la sinistra della Cgil e anche Camusso, che vuole giocare la partita sulla produttività con Confindustria con le mani libere. «La Cgil – spiega il segretario della Femca Cisl Sergio Gigli – è preoccupata che un contratto con caratteristiche innovative come questo comprometta una strategia. Noi pensiamo il contrario. Non siamo in disaccordo con le confederazioni, ma siamo convinti che così si possa lavorare meglio proprio partendo da questa intesa». Parole che piacerebbero a Marchionne. Ma non alla Cgil, che è il primo sindacato.
Antonio Signorini – Dom, 23/09/2012 – 07:03