Per ridurre la spesa sanitaria, oltre alla proposta di nuovi ticket di cui si è parlato ieri, il Ministro della Salute Balduzzi ha pensato di anticipare all’anno corrente quanto previsto per il 2013 nella manovra di luglio dello scorso anno (l’art. 17, comma 1, lettera b, della manovra di luglio 2011, legge 111/2011): si intende prelevare quasi un miliardo di euro dalle aziende farmaceutiche, per ripianare gli sforamenti del tetto della spesa ospedaliera oggi a carico delle Regioni. Entro meno di venti giorni (data prevista, 30 giugno) è atteso un regolamento su proposta del ministero della Salute di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze che definisca le procedure per porre a carico delle aziende farmaceutiche il 35% di sforamento della spesa ospedaliera.
Gli ultimi dati Aifa relativi al 2011 indicano una spesa farmaceutica ospedaliera pari a 3.780,6 milioni di euro, ossia il 3,6% della spesa sanitaria (che rappresenta, più o meno casualmente, la stessa percentuale indicata da Farmindustria come “tetto ideale” per l’ospedaliera), benché il tetto di legge per questa voce sia fissato al 2,4% del fondo sanitario (limite, per altro, stabilito senza tener conto della reale domanda): questo sforamento rappresenta un superamento del tetto di circa 1.230 milioni il cui onere del ripianamento viene però spostato sulle aziende farmaceutiche, sebbene esse non siano le principali responsabili della spesa.
Il settore farmaceutico rappresenta infatti solo il 16% della spesa sanitaria: se, quindi, il regolamento fosse effettivamente firmato, si chiederebbe un contributo al ripianamento sproporzionato (pari a un terzo degli 1,5 miliardi di euro previsti per il 2012 a carico della sanità dalla spending review) a un soggetto che è responsabile della creazione di spesa per una percentuale molto inferiore.
Si consideri poi che sono gli ospedali stessi a decidere quali e quanti farmaci acquistare. Da parte loro, le aziende non possono rifiutarsi di fornire i medicinali richiesti: nei fatti, quindi, i fornitori non vengono pagati per prodotti regolarmente acquistati per scelta del compratore. In altre parole, sono costretti ad abbuonargli parte della spesa.
Oltre a essere un intervento iniquo