Dalla Fiat di Cassino, al polo farmaceutico lungo l’ asse Pomezia-Latina; dal distretto della ceramica di Civita Castellana alla Ritel (ex Alcatel) di Rieti; dalla Argol di Fiumicino alla sedi di Civitavecchia e Roma della Mercedes Benz; dallo stabilimento capitolino di Technicolor alla Videocon di Anagni. Non c’ è settore risparmiato dalla grande crisi, che nel Lazio non molla la presa, anzi adesso sta colpendo duramente anche uno dei comparti di punta dell’ economia regionale, e cioè l’ edilizia. Senza considerare i 1300 posti di lavoro bruciati nel settore bancario. Lo spread è sceso sotto i 300 punti come ripete con orgoglio il premier Monti? Per le aziende laziali cambia poco o nulla, almeno per adesso. Il quadro è drammatico. Alla Fiat, per esempio, il numero dei dipendenti è sceso sotto quota 4 mila, la produzione è pari al 50% della capacità dello stabilimento, gli operai sono ancora in cassa integrazione a rotazione. E all’ orizzonte non si vedono gli investimenti promessi: solo speranze, perché nel Basso Lazio, se dovesse chiudere la Fiat, andrebbero a gambe all’ aria anche 8-9000 addetti dell’ indotto. In tutta la regione i posti a rischio sono almeno 20 mila. Nel settore farmaceutico i tagli alla Sigma Tau di Pomezia sono solo gli ultimi in ordine di tempo. La Merck aveva già chiuso il centro di ricerca, la Pfizer invece aveva venduto lo stabilimento di Latina. E in generale la tendenza è di dismettere le attività di ricerca, concentrandosi nella produzione (e spesso fuori dall’ Italia) sulla base di molecole già confezionate acquisite da centri di ricerca specializzati. Secondo i dati della Cgil, in questo storico comparto c’ è il rischio fuga del 25% delle aziende del settore (in tutto circa 250) nel giro di 12/24 mesi. E, ancora, ci sono tante altre crisi aziendali che testimoniano il depauperamento del tessuto industriale del Lazio. Il distretto della ceramica di Civita Castellana ha visto per ridurre da 30 a 2 il numero delle aziende produttrici di stoviglie e piastrelle, con 1800 posti di lavoro persi in quattro anni e altri 3 mila a rischio nell’ immediato. Scendendo verso il litorale, Mercedes Benz ha deciso di chiudere la sede di Civitavecchia (che si occupava della vendita di grandi veicoli industriali) e di mandare a casa quasi 200 dei 550 dipendenti della filiale di Roma. A Fiumicino, oltre ai 4500 cassaintegrati di Alitalia, pagano la crisi le aziende di servizi dell’ indotto. Adesso tocca alla Argol, che si occupa di logistica, che ha perso l’ appalto di Alitalia: i 76 dipendenti sono stati messi in cassa integrazione. Nella Capitale ha poi del clamoroso il caso Technicolor: nella sede storica della Tiburtina è partita la seconda ondata di tagli in pochi mesi. Colpa dell’ avvento del digitale, che rende superflua la stampa delle pellicole dei film, dice l’ azienda. Colpa dell’ azienda, che non investe in Italia sulle nuove tecnologie, dicono i sindacati. La Videocon di Anagni invece si avvi
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