"Ormai il 50-70% dei nuovi farmaci – afferma Francesco Cognetti, direttore di oncologia medica A dell’Istituto Regina Elena di Roma, nel corso di un seminario su molecole biotecnologiche e biosimilari, ieri nella Capitale – è biotech, prodotto a partire da lieviti, animali e piante transgeniche, cellule batteriche e animali. Dall’82, quando è stato approvato il capostipite di questa nuova generazione di medicinali, l’insulina ricombinante, la ricerca ha accelerato il passo: oggi sono disponibili oltre 250 farmaci biotech, di cui il 40% contro i tumori. E sono in sperimentazione altri 350". Farmaci innovativi, ma molto costosi. Anche per questo, non appena sono scaduti i brevetti delle prime molecole biologiche approvate, si è percorsa la strada dei biosimilari. "Ma a differenza dei generici – sottolinea Cognetti – i biosimilari non sono uguali all’originale. Un farmaco ottenuto, come quelli tradizionali, per sintesi chimica è facilmente riproducibile. Ma una molecola biologica è molto più complessa, è frutto di un processo di ingegneria genetica sul DNA e di produzione, in cui bastano piccoli scostamenti per avere effetti diversi". Bastano piccole variazioni nel processo produttivo perché un farmaco biologico non ottenga poi gli effetti desiderati e posa anche scatenare reazioni avverse. Così accadde per l’eritropoietina, molecola biologica che ha cambiato la vita dei malati con insufficienza renale. "Quando scoppiò in Europa la crisi mucca pazza – ricorda Francesco Locatelli, del Dipartimento di nefrologia dell’ospedale Manzoni di Lecco – si dovette sostituire l’albumina, utilizzata come stabilizzante, con un’altra sostanza durante la produzione. Ma questo creò grossi problemi: i pazienti reagivano negativamente al farmaco, tanto che l’autorità europea dovette sospenderlo per diverso tempo". Eppure si trattava di un farmaco noto, utilizzato da circa 15 anni. Troppe sono le incognite dei biosimilari. I primi sono stati autorizzati in Europa nel 2006. Nel settembre scorso si è avuta la registrazione per 5 prodotti biosimilari di epoetina alfa contro l’anemia renale e successiva a chemioterapia. Al momento non c’è una regolamentazione unica. "L’Agenzia europea del farmaco – spiega Locatelli – per queste molecole ha reso obbligatoria la farmacovigilanza, cioè controllo e segnalazione delle reazioni avverse, per due anni dopo l’autorizzazione al commercio". I dettagli sono stati lasciati ai singoli Paesi membri, che si stanno muovendo per garantire la sicurezza di questi generici biologici. A dicembre 2007, ricordano gli specialisti, si è pronunciato il nostro Consiglio di Stato, sostenendo che l’equivalenza terapeutica non vale per i farmaci biotecnologici. Con questo principio, affermato anche in Francia e in Spagna, "si sbarra la strada – spiega Locatelli – alla sostituzione automatica del farmaco biotech con un biosimilare, magari per mere ragioni economiche". In attesa di regole dall’Agenzia italiana del farmaco, gli specialisti ci tengono a precisare di non essere "pregiudizialmente contro i biosimilari. Sollecitiamo la giusta attenzione al problema: la produzione va messa sotto la lente d’ingrandimento, con controlli e regole certe, per non pagare poi a caro prezzo il desiderio di risparmio. In vista dell’arrivo dei biosimilari in Italia, molti dei quali in oncologia, dobbiamo avere tutte le garanzie – concludono Cognetti e Locatelli – per non far correre rischi ai pazienti".
Fonte "Farmacista33"