Alberto Aleotti. All’inizio degli anni Novanta, le tangenti sui farmaci e la conseguente ondata di demagogia lo convinsero a comprare pagine di giornale in cui annunciava che si era stufato «di questo Paese di bischeri» e che se andava in Irlanda. Non lo ha fatto. Ma dopo aver tirato su in quarant’anni la prima azienda farmaceutica italiana con quasi tredicimila dipendenti e 2,4 miliardi di fatturato, il presidente della Menarini Alberto Aleotti (classe 1926) ha ancora voglia di combattere. E alzare la voce contro una Finanziaria che lo ha nuovamente deluso sul fronte del contenimento «forzoso» della spesa farmaceuticaconvenzionata perché, spiega a Libero Mercato, «il tavolo di confronto con il governo era partito in maniera eccellente ma poi si sono persi per strada. Qualcosa di positivo c’è stato ma ancora siamo lontani da altri Paesi. Penso sempre all’Irlanda dove le tasse sono al 12% sia per i lavoratori che per le aziende. Se Menarini fosse in Irlanda o in Inghilterra avrebbe un regime fiscale nettamente più favorevole, prezzi dei farmaci molto più alti e un sistema Paese efficiente. Anche in Germania, dove abbiamo due aziende importanti, le cose vanno meglio che in Italia. Devo forse portare gli impianti in Irlanda, Inghilterra o Germania? Il problema in Italia è sempre lo stesso: quando i governi devono pagare debiti colossali la ricerca e lo sviluppo vengono messi da parte». Secondo il patron della Menarini, infatti, si sta ripetendo il copione di vent’anni fa: «Quando i governi di allora, per frenare l’inflazione, chiesero sacrifici al nostro settore. Risultato: Lepetit, Pierrel, De Angelis, Carlo Erba dovettero essere cedute agli stranieri. E furono uccise industrie che avevano fatto la storia della farmaceutica mondiale». Nel frattempo il gruppo fiorentino – al trentratreesimo posto nel ranking mondiale nel settore e al diciannovesimo in quello europeo – guarda avanti e soprattutto all’este ro: oltre agli stabilimenti di Firenze, Pisa e L’Aquila, i farmaci Menarini vengono prodotti anche a Barcellona, Berlino, Dresda, Istanbul e in Guatemala. Non solo. Oltre il 60% del fatturato viene raggiunto oltreconfine. Ecco perché Aleotti ha ricevuto ieri sera a Milano il premio da Ernst&Young come miglior imprenditore dell’anno per la categoria "glo bal". Un riconoscimento per la rapida internazionalizzazione effettuata attraverso acquisizioni e per il sempre maggiore impegno sulla ricerca. Ma l’Italia è ancora quel Paese di bischeri da lasciare per trasferirsi in Irlanda? «Vent’anni fa avevo progettato di realizzare all’Isola d’Elba il più grande stabilimento farmaceutico della Menarini, ma non me lo lasciarono fare. Oggi quell’impianto è a Berlino ma io continuo a sognarmelo la notte, come un incubo, perché voglio bene all’Italia. Alla mia età spero sempre di onorare il mio Paese ma di certo sul futuro non sono ottimista». C.C. Libero Mercato del 23/11/2007 p. 4
512 2 minuti di lettura