Si impenna di nuovo la spesa farmaceutica e il rispetto del tetto di spesa fissato al 13% del Fondo sanitario nazionale sembra davvero quasi una chimera. Secondo gli ultima dati diffusi dall’AIFA nel dicembre scorso, la spesa per i farmaci e cresciuta del 9.5% rispetto all’anno prima, e a gennaio 2006 ha subito un innalzamento da capogiro, aumentando del 14.4% in rapporto a gennaio 2005. Non sembra aver giovato neppure il fatto che l’ondata dell’influenza d’inverno sia stata inferiore alle attese. Secondo le ultime disposizioni di legge, se il computo dei consumi nel mese di marzo non dovesse subire una frenata, entrerebbero in azione tutte le misure previste per tamponare la situazione, innanzitutto altri tagli dei prezzi per le industrie farmaceutiche, i farmacisti e i grossisti. Come si concilieranno questi provvedimenti con il fatto che l’ultimo Governo, per accrescere il profilo industriale del nostro Paese, tra i suoi ultimi atti ha stretto un protocollo strategico proprio con il settore farmaceutico, affidato alla supervisione dell’AIFA. Risultato di tale atto è stato lo stanziamento di lOO milioni di euro su base annua per promuovere gli investimenti in ricerca e sviluppo, riconoscendo un premio fino al 10% dell’investimento complessivo realizzato nel nostro Paese dalle aziende farmaceutiche. Il punto politico chiave dell’intesa è che la politica “assume il farmaco come bene di salute e, allo stesso tempo, strumento di sviluppo del sistema Paese”. La spesa non tiene, ma l’industria deve comunque crescere pena la “terzomondizzazione” del Paese, dunque i riflettori si spostano tuttii sul versante dei consumi e in particolare sul loro indicatore primario. Le ricette nel frattempo sono cresciute mediamente del 6.6%, col picco massimo in Puglia (11.9%) e quello minimo i Calabria (11.2%). E ancora più sensibili sono state le escursioni della spesa fatte segnare localmente: Abruzzo +28.9%, Puglia +23.6%, Umbria e Sicilia +19.1%, Lazio +15.6%, Piemonte +15.1%. Se l’industria farmaceutica è un limone che non si può più spremere, i Governatori (e la Guardia di Finanza) sono di nuovo alacremente al lavoro per individuare e colpire tutti i fenomeni di inappropriatezza e di spesa indebita. Come indicatori unici, però, al momento, essi considerano esclusivamente i conti economici che non tornano, tetti e budget sfondati, casse sempre più vuote. Gli obiettivi di salute raggiunti o mancati, le condizioni (e i condizionamenti) dei pazienti, la spesa indotta, non trovano posto nella lavagna dei buoni e dei cattivi. Tra i cattivi sempre più di frequente troviamo i soli medici medicina generale: sulla carta centro del sistema sanitario, nei fatti al centro delle indagini di polizia.
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