«E’ inaccettabile che un’azienda di queste dimensioni e che ultimamente ha pure beneficiato di forti introiti economici possa procedere a riduzioni del personale». La voce di Thomas Borromeo, segretario generale della Filctem Cgil di Siena, è la voce di tutti i sindacati, uniti nel contestare la recente decisione della Novartis di mandare in mobilità 20 informatori farmaceutici su 27 e quattro impiegati della rete commerciale, proprio mentre esplode lo scandalo dei 184 milioni di euro inutilmente spesi dal ministero per la Salute per assicurarsi la fornitura dei vaccini contro la pandemia influenzale.
Una maxi commessa, sancita da una sorta di contratto-capestro, che ha consentito alla casa farmaceutica di incrementare i propri profitti ma che non ha portato altrettanti benefici per i lavoratori, dal momento che i 527 nuovi addetti reclutati per la produzione straordinaria del vaccino sono stati tutti assunti con contratto interinale.
La Novartis però si difende. Sostiene che la riorganizzazione si giustifica con il fatto che oggi, per la vendita dei vaccini, si tratta con le Asl e le Regioni e quindi non c’è più bisogno di avere un certo numero di informatori per convincere pediatri e medici di base. Che credibilità hanno queste motivazioni? Nessuna, per un semplice fatto. Le altre aziende concorrenti hanno tutte nella loro rete commerciale almeno dai 35 ai 40 addetti. Dopo questa riorganizzazione, la Novartis rimarrebbe