Un anno davvero difficile In ‘chiusura’ di bilancio non mancano, però, segnali positivi.
D’a imprenditore, il 2007 ha confermato la voglia di crescere, di fare e di innovare delle imprese del farmaco operanti in Italia. Il futuro è l’innovazione e l’espansione verso i mercati esteri. Un processo che nell’ultimo anno ha visto molti protagonisti: Rottapharm con l’acquisizione della tedesca Madaus, Zambon con l’area della chimica fine di Ppg e Recordati con un’impresa francese specializzata in farmaci orfani. Tre esempi di una tendenza all’internazionalizzazione che ha coinvolto tutti i grandi gruppi a capitale nazionale con acquisizioni di oltre 20 aziende negli ultimi anni. All’estero i nostri insediamenti sono quasi 200 e gli addetti delle imprese a capitale italiano sono il 40% di quelli in Italia, il doppio rispetto alla media dell’industria. Questo trend è proseguito anche con l’impegno delle grandi multinazionali che decidono di investire nel nostro Paese. È il caso, ad esempio, di Merck Sharp&Dohme nei cui laboratori di Pomezia si lavora sui nuovi prodotti contro AIDS e cancro di GlaxoSmithKline, che ha inaugurato a settembre la prima linea di produzione di vaccini nello stabilimento di San Polo di Tonile, a Parma; di Novartis con il centro vaccini a Siena e di Eli Lilly, che sta completando a Sesto Fiorentino il più grande stabilimento biotech in Italia. Il tessuto industriale è composto anche dalle PMI, che ogni anno competono sempre più nei mercati stranieri e intensificano l’impegno nella produzione e nella ricerca e sviluppo soprattutto nei settori avanzati. Infine, ci sono casi di imprese biotech che stupiscono anche oltre oceano come Gentium che si è quotata al Nasdaq e Philogen o MolMed che a breve si quoteranno in Borsa in Italia. Risultati importanti e significativi della voglia di fare delle imprese e che dimostrano la vitalità dell’industria del farmaco in Italia. Industria che ha necessità di crescere e rappresentare una tra le risorse più importanti del nostro Paese per la capacità di coniugare sviluppo economico e coesione sociale. Gli esempi di eccellenza ci sono e sono tutte imprese che vogliono investire nell’innovazione per diventare le vere attrici dell’economia della conoscenza. Un bilancio in chiaro-scuro Da Presidente di Farmindustria non posso non sottolineare che il settore del farmaco si trova in bilico tra la conferma delle sue potenzialità di crescita interna ed internazionale e la presenza di forti segnali di rischio per le attività e i livelli occupazionali. I dati parlano chiaro: • spesa farmaceutica convenzionata ormai ferma ai livelli del 2001, visto che la debole crescita del quinquennio 2001-2006 (+5,7%) è stata annullata dal calo di quest’anno (-8,8% gennaiosettembre); • occupazione in crisi con quasi 3.000 addetti in uscita dal comparto nel 2007; • prezzi dei farmaci con prescrizione sempre più bassi, come conferma anche un recente studio del Cergas Bocconi (in Italia, rispetto ai principali Paesi europei, i prezzi dei farmaci sono più bassi del 20% in media con punte anche superiori). Inoltre l’industria farmaceutica si fa carico di una pressione fiscale in media del 65%, che dipende per circa un terzo da misure specifiche sul farmaceutico. Le imprese pagano direttamente 1,6 mld di euro tra tasse e altri oneri, un importo al quale si aggiungono contributi sociali per 1,3 mld di euro, a fronte di un utile netto pari a circa 1 mld. Tutto questo descrive perfettamente la grave situazione in cui si trova il settore al momento. L’Italia nel farmaceutico è il 3° Paese europeo e il 5° al mondo per dimensione del mercato e per numero di addetti. Tuttavia, il progressivo deterioramento del rapporto prezzi/costi ha reso peggiori le condizioni competitive per le imprese operanti in