SEZIONE | ESITO | NUMERO | ANNO | MATERIA | PUBBLICAZIONE |
LOMBARDIA | SENTENZA | 64 | 2016 | RESPONSABILITA' | 12/04/2016 |
REPUBBLICA
ITALIANA SENT. 64/2016
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
SEZIONE
GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
Composta
dai Magistrati:
Luisa
Motolese Presidente f.f.
Eugenio Madeo
I° Referendario relatore
Giuseppina
Veccia I° Referendario
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
responsabilità iscritto al n. 28386 del registro di segreteria ad istanza della
Procura regionale per la Lombardia contro il Dott. Silvio Borgese, nato a Polistena (RC) l’8 agosto 1954, residente in
Cittiglio (VA), Strada del Sasso, n. 12, C.F. BRGSLV54M08G791F, rappresentato e
difeso dall’Avv. Paola Maddalena Ferrari con elezione di domicilio presso il
suo studio in Cassina de Pecchi (MI), via Carducci, n. 1/F.
VISTI: il r.d. 13 agosto 1933, n.
1038, art. 26; il r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; il d.l. 15 novembre 1993, n.
453, convertito dalla l. 14 gennaio 1994, n. 19; la l. 14 gennaio 1994, n. 20;
il d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito dalla l. 20 dicembre 1996, n. 639;
il c.p.c., artt. 131, 132 e 133.
VISTO l’atto introduttivo.
LETTI gli atti e i documenti di
causa.
UDITI, nella pubblica udienza del 9
marzo 2016, il Referendario relatore Eugenio Madeo ed il Pubblico Ministero in
persona del
Sostituto
Procuratore Generale Antonino Grasso e l’Avvocato Ferrari
per il Borgese.
Ritenuto in
FATTO
Con
atto di citazione depositato il 26 novembre 2015 la Procura regionale conveniva
innanzi a questa Sezione il Dott. Silvio Borgese, quale medico di medicina
generale in rapporto di convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale, per
vederlo condannare al risarcimento del danno cagionato all’A.S.L. di Varese e
alla Regione Lombardia, pari ad euro 12.956,67 oltre accessori, a seguito della
iperprescrizione di farmaci per il periodo 2002 - 2004.
In
particolare la Procura erariale ha inteso precisare che “con una comunicazione in data 8 luglio 2005 la Guardia di Finanza ha
segnalato alla Procura regionale un ipotetico danno erariale cagionato da
medici di medicina generale … delle ASL della Regione Lombardia, in rapporto di
convenzione con il SSN per il periodo 2002 -2004, i quali presentavano una
condotta prescrittiva di farmaci particolarmente difforme rispetto alla
generalità dei medici operanti nelle rispettive ASL di appartenenza” (all.
n. 1 del fascicolo della Procura).
Sulla
base di tale segnalazione il Requirente ha poi delegato lo svolgimento di
ulteriori attività istruttorie sempre alla Guardia di Finanza che con nota del 21
febbraio 2006 “… ha relazionato in merito
all’analisi di dettaglio dell’attività iperprescrittiva dei MMG effettuata
presso tutte le ASL della regione Lombardia …” (all. n. 2 del
fascicolo della Procura).
La
Procura riferisce poi che “… dai dati
forniti dall’ASL di Varese è merso che negli anni in questione il dr. BORGESE
Silvio nella prescrizione di farmaci ai propri assistiti si è discostato in
maniera significativa e anomala rispetto alla soglia di riferimento”.
Di
conseguenza, in considerazione di tali circostanze, la Procura erariale ha
formalizzato l’invito a fornire deduzioni (all. n. 3 del fascicolo della
Procura), a seguito della cui notifica il Borgese ha prodotto deduzioni scritte
(all. n. 4 del fascicolo della Procura) ed ha chiesto altresì di essere sentito
personalmente.
L’audizione
del convenuto è avvenuta in data 15 luglio 2015 (all. n. 5 del fascicolo della
Procura).
Tanto
precisato, il Requirente ha esposto poi la metodologia di controllo
evidenziando che in caso di “… elevate
percentuali di scostamento rispetto alle prescrizioni medie ponderate nelle
ASL, è stata eseguita un’analisi di dettaglio della spesa per iperprescrizione
farmaceutica generata distintamente per i gruppi ATC di farmaci … di livello A
…, C …, J … e M …”.
Inoltre,
è stato precisato anche che “per tali
gruppi terapeutici sono stati poi individuati solo i Medici di Medicina
Generale che, nonostante una sistematica e costante informazione circa la loro
condizione prescrittiva, hanno mantenuto una condotta prescrittiva anomala per
almeno due annualità consecutive”.
Per
quanto poi riguarda i criteri di calcolo per la quantificazione del danno
erariale la Procura rinvia per i dettagli alla relazione della
Guardia di Finanza precisando
però l’iter procedurale seguito.
In
particolare, la Procura afferma che “… è
emerso che negli anni 2002, 2003 e 2004 il dott. Borgese Silvio nella
prescrizione di farmaci ai propri assistiti si è discostato in maniera
significativa e assolutamente anomala, rispetto alla soglia di riferimento, calcolata
per singolo gruppo ATC, tale da dover imputare a suo carico l’addebito dei
costi ingiustificati a carico del SSN pari a € 50.992,53”.
Ancora,
sempre il Requirente precisa che è stata svolta un’ulteriore attività
d’indagine tesa ad “… analizzare nel
merito, con l’ausilio del personale sanitario dell’ASL, l’attività
iperprescrittiva di farmaci rilevata nei confronti del dott. BORGESE Silvio”
da cui in sintesi sono emerse ricette da contestare per una spesa complessiva
di euro 12.725,75 in quanto “… inappropriate
nell’ambito delle note CUF”.
Nello
specifico sono state rilevate:
- per l’anno 2002 n. 125 ricette per un totale
di euro 3.784,74;
- per l’anno 2003 n. 146 ricette per un totale
di euro 4.943,80;
- per l’anno 2004 n. 138 ricette per un totale
di euro 4.024,21.
Inoltre,
sono state anche individuate “… n. 4
ricette prescritte mentre il paziente risultava essere ricoverato, per un
importo economico di € 203,92”.
Da quanto innanzi descritto, secondo la Procura
erariale , emergerebbero quindi obiettivi ed inequivoci riscontri in ordine alla
responsabilità amministrativa del convenuto a titolo di dolo o comunque di
colpa grave.
Infatti, la Procura erariale ha per prima cosa affermato “la
sussistenza
di un vero e proprio rapporto di servizio tra il medico convenzionato e l’ASL
di appartenenza …”.
Ancora
per quanto riguarda il danno erariale e la sua connessione con la
iperprescrizione dei farmaci è stato precisato tra le altre cose che “… appartiene alla giurisdizione della Corte
dei conti l’azione per il ristoro del danno arrecato dai medici convenzionati
con il SSN a seguito della redazione di prescrizioni inusuali, incongrue o
incomplete, di prescrizioni di medicinali agli assistiti in quantità eccessive
o, comunque, per finalità non terapeutiche, in dosi maggiori del consentito o
con modalità di somministrazione diverse dal lecito”.
Sempre
il Requirente ha poi tratteggiato la disciplina complessiva che regola la
prescrizione medica precisando altresì che “…
la ricetta medica … deve essere effettuata, oltre che secondo scienza e
coscienza, nel rispetto delle norme di settore, delle limitazioni e delle
indicazioni fornite dal Ministero della sanità … nelle schede tecniche ed
eventualmente contenute nelle c.d. note CUF, nonché dei seguenti principi: economicità
e riduzione degli sprechi … appropriatezza … efficacia dell’intervento”.
Infine
con riguardo all’elemento psicologico la Procura erariale afferma che “… nella fattispecie in esame, è
configurabile una sistematica e reiterata … violazione della disciplina
normativa e regolamentare in materia di prescrizione di farmaci …”.
Pertanto,
tenuto conto anche del fatto che “…
l’attività iperprescrittiva del medico è stata riscontrata nonostante
quest’ultimo
fosse
stato costantemente informato e invitato a giustificare
l’appropriatezza
delle prescrizioni …”
e che “… data una certa spesa media
accertata per assistibile … il dr. BORGESE Silvio, a differenza della
stragrande maggioranza dei suoi colleghi, arriva a porre a carico del SSN un
costo per il rimborso dei farmaci prescritti fino a quasi il doppio e per tre
anni consecutivi”, il Requirente ritiene nel caso di specie “… ipotizzabile pertanto una condotta
connotata da dolo (contrattuale) o comunque gravemente colposa con previsione
dell’eventus damni”.
Infine,
il Requirente dopo aver sintetizzato le argomentazioni difensive fornite dalla
difesa del Borgese in sede di invito a dedurre ne ha puntualmente contestato la
fondatezza precisando innanzitutto “sulla
dedotta violazione del diritto di difesa … che il procedimento pre-processuale
si è scandito nei termini previsti dalla legge, con la possibilità, peraltro
esercitata, del MMG di far valere, assistito da un difensore di fiducia, le
proprie prospettazioni”.
Con
riferimento poi all’eccepita prescrizione del danno la Procura ne evidenzia
l’infondatezza affermando che “l’amministrazione
ha infatti costituito in mora il citato” (all. n. 8 del fascicolo della
Procura).
Infine,
si precisa che relativamente “… alle c.d.
ricette non versate in atti, si rileva che in sede di accesso al fascicolo del
PM, contenente tra gli altri le ricette in argomento, la difesa ha estrapolato
solo alcuni dei documenti disponibili”.
In
definitiva, la Procura erariale chiede che l’odierno convenuto risponda per il
danno erariale arrecato all’ASL di Varese e alla
Regione Lombardia per
l’importo pari ad euro 12.956,67 oltre a
rivalutazione ed interessi.
In
data 18 febbraio 2016 si è costituito il Borgese che ha preliminarmente
eccepito la prescrizione del preteso danno erariale atteso che nessun atto
idoneo “… è mai intervenuto ad
interrompere il decorso della prescrizione per gli anni in contestazione …”.
Nel
merito la difesa del convenuto ha per prima cosa affermato che “la metodica dell’indagine che sorregge
l’atto di citazione postula un fondamento inesistente e privo di pregio …”
in quanto “… sulle medie esposte
nell’atto di citazione … non è dato conoscere i criteri utilizzati per la loro
determinazione”.
Per
quanto poi riguarda le modalità di calcolo del danno viene evidenziato che “… la contestazione non ha considerato le percentuali di sconto a favore del SSN ed
a carico delle farmacie …” e
che “… non viene dato peso alcuno alla compartecipazione del paziente alla
spesa sanitaria che dal Dicembre 2002 era di due euro a confezione …”.
In sostanza, per la difesa del Borgese “il
riferimento corretto da tenere in considerazione, quindi, è il costo del
farmaco non al pubblico, come calcolato dal servizio, ma quello a carico del
servizio sanitario nazionale … depurato, ulteriormente, dell'iva al 10% che è una
partita di giro”.
Ancora sempre il difensore afferma che “le
verifiche della Guardia di Finanza … sono state effettuate senza avere
informato il medico e senza che il medico abbia potuto esprimere un proprio
giudizio o
intervento chiarificatore”.
La
difesa lamenta poi la violazione da parte dell’ASL di quanto previsto dall’art.
15 bis, comma 4, del D.P.R. n. 270/2000 “con
la conseguenza che, in assenza del suddetto procedimento, la prescrizione
diventa definitiva e non più contestabile, neppure dalla Corte dei Conti
attraverso attività sostitutiva”.
Da
quanto sopra detto, ad avviso del convenuto, discenderebbe “… il concorso
dell’amministrazione nella produzione del presunto evento dannoso ai sensi
dell’art. 1227 del codice civile …”.
Sempre
la difesa evidenzia che “i pazienti
oggetto, loro malgrado, dell’odierna vertenza non risulta che siano stati
informati ed abbiano dato consenso specifico al trattamento dei loro dati
sanitari con conseguente illegittimità del loro utilizzo per violazione degli
artt. 13 e 22 …” del D.P.R. n. 196/2003.
Per
il convenuto i dati forniti dalla Regione Lombardia e dall’ASL sono
inattendibili “… per errato calcolo dei
pazienti assistiti”.
Secondo
il Borgese “l’ASL … ha con colpa grave
omesso di valutare i dati che la stessa possedeva in relazione a esami
strumentali effettuati, stati di invalidità e esenzioni riconosciute”.
La
difesa afferma inoltre che “la statistica farmaceutica territoriale del
costo medio sconta due limiti insuperabili: l’epidemiologia del micro
territorio e quella specifica del singolo medico”.
In particolare si precisa che “… il riscontro di
un ricovero o di una prestazione ambulatoriale non è stato affatto esaminato
dall’Asl di riferimento …”.
In sintesi dunque, per la difesa del convenuto “la
documentazione
che si produce dimostra, oltre
ogni dubbio, che l'attività prescrittiva del dott. Borgese è stata appropriata
sia alla luce delle note cuf/aifa sia alla luce dei doveri deontologici e
contrattuali del medico in convenzione con il SSN”.
Da ultimo, il Borgese fa presente che “in merito
alla contestata prescrizione di farmaci in contemporanea con il ricovero
ospedaliero, … si tratta di un mero errore materiale consistente
nell’inversione, nella data, del mese con il giorno di riferimento. Errore
materiale provato dal fatto che il ritiro del farmaco in farmacia è posteriore,
in ogni caso, al contestato ricovero”.
Infine, la difesa precisa che “per alcune altre
prescrizioni contestate: quelle relative ai farmaci elocon crema e peridon … il
D.M. Salute 27/09/2002 ne aveva disposto la riclassificazione in classe A (art.
4 comma 3)”.
In definitiva il Borgese chiede:
- in via preliminare di riconoscere e dichiarare l’intervenuta
prescrizione di tutte o parte delle
domande contenute nell’atto di citazione;
- nel merito, in via principale,
di rigettare la domanda attorea;
- in subordine di:
·
ridurre l’ammontare del
danno nella misura dei farmaci che risulteranno prescritti in difformità di
note e/o di scienza e coscienza e comunque nella misura del reale costo per il
servizio farmaceutico dopo avere dedotto l'importo del ticket
sostenuto dal paziente, l’ IVA del 10% e lo sconto
obbligatorio
per la farmacia;
·
esercitare il potere
riduttivo;
·
riconoscere e dichiarare la
concorrente responsabilità dell’Asl di riferimento, in via solidale,
alternativa e/o parziale, per dolo, colpa grave e/o grave negligenza nella
causazione del danno per mancanza dei controlli resi obbligatori ai sensi del
D.P.R. n. 270/2000;
- in via istruttoria si chiede:
·
l’audizione
del convenuto;
·
una
C.T.U. tecnica medica e del caso contabile;
·
di
ordinare all’Asl di produrre l’elenco delle prestazioni diagnostiche effettuate
ai pazienti dove non risulta la documentazione secondo quanto si rileva dalla
banca dati nei 5 anni precedenti e tre successivi alla prescrizioni nonché la
scheda sanitaria completa di ogni movimento contabile riferito alla posizione
diagnostica e prescrittiva del paziente nonché eventuali fascicoli relativi
alla concessione di invalidità civile e/o di concessione di esenzione per
patologie, completi di ogni documento sanitario acquisito;
·
di
chiamare a testimoniare tutti i pazienti
destinatari delle prescrizioni al fine della conferma delle loro
condizioni di salute;
·
di
ordinare ad ogni paziente individuato la propria documentazione sanitaria
riferita agli anni precedenti al 2002 e
fino al 2005.
Nell’udienza le parti hanno
ribadito sostanzialmente le argomentazioni fin qui esposte e confermato le
conclusioni già rassegnate.
Tutto
ciò premesso, la causa è stata assunta in decisione.
Ritenuto
in
DIRITTO
Preliminarmente deve per prima cosa essere scrutinata l’eccezione
di prescrizione del danno avanzata dalla difesa del Borgese.
Sul punto deve evidenziarsi che tutte le note di costituzione in
mora poste in essere dall’Asl di Varese ed indirizzate nel tempo all’odierno
convenuto (cfr. all. n. 8 del fascicolo della Procura) risultano effettivamente
atti idonei ad interrompere il decorso della prescrizione. Ciò perché in esse
risultano con estrema evidenza i fatti contestati, il presunto responsabile, il
richiamo dei pertinenti articoli del codice civile, l’indicazione dello scopo
perseguito.
Di conseguenza, per le motivazioni sopra esposte tale eccezione
deve essere rigettata.
Ancora, la difesa ha eccepito la non utilizzabilità dei dati
contenuti nella domanda per violazione delle norme a tutela della protezione
dei dati personali, per violazione dei diritto del cittadino di partecipare al
procedimento accertativo che lo riguarda in contraddittorio con l’Asl ed in
ragione delle regole procedimentali della Guardia di Finanza.
Con riguardo alla asserita violazione delle norme in materia di
privacy, la
Sezione non può che ribadire quanto statuito in ordine ad
analoga eccezione
con sentenze nn. 726/2011 e 374/2011, ovvero che le norme invocate da parte del
convenuto non trovano applicazione quando il trattamento dei dati personali
viene effettuato presso uffici giudiziari per ragioni di giustizia (art. 47,
commi 1 e 2 del d. l.vo 30/06/2003, n. 196 e, in senso conforme, Corte di
cassazione, n. 3034 dell’8/02/2011).
Per quanto concerne la mancata attivazione del particolare
procedimento per la contestazione al medico di medicina generale di eventuali
comportamenti prescrittivi anomali (cfr. D.P.R. n. 270/2000 “Regolamento di esecuzione dell'accordo
collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina
generale”), va detto che quella invocata è una normativa regolamentare di
derivazione negoziale. Ove si ritenesse, come opina la difesa, che dal mancato
rispetto di essa derivi una sorta di consolidamento della liceità della
prescrizione contestata, talché la stessa non potrebbe più essere rimessa in
discussione dal Pubblico ministero contabile, se ne dovrebbe evincere che la
normativa in questione deroghi a quella primaria in tema di responsabilità
amministrativa, il che non è evidentemente ammissibile.
Si consideri peraltro che una delle due disposizioni richiamate
dalla difesa, e precisamente quella di cui all’art. 16 del D.P.R. cit., è
comunque palesemente non pertinente, poiché concerne il procedimento per
l’inflizione al medico di base di sanzioni disciplinari.
Relativamente infine alla presunta violazione, da parte della
Guardia di
Finanza, della regole procedimentali in tema di
accertamento di
violazioni tributarie, trattasi di eccezione di nessun pregio.
Infatti, la Circolare richiamata oltre ad avere, come noto, valore
conformativo solo per gli appartenenti all’Amministrazione emanante, attiene a
materia diversa da quella delle indagini finalizzate all’accertamento di danni
erariali. Quest’ultima non è in relazione di similitudine o analogia con la
prima ed è peraltro oggetto di specifica disciplina, talché mancano tutte le
condizioni per il ricorso al procedimento analogico (art. 12, comma 2 delle preleggi).
Infine, sempre preliminarmente, il Collegio ritiene che le richieste
istruttorie formulate dalla difesa del convenuto non possono essere accolte.
Ciò perché il materiale sin qui acquisito in fascicolo è difatti più che
sufficiente per ricostruire, ai fini che qui rilevano, sia il quadro generale
sia la riferibilità causale, ed arrivare ad una documentata valutazione delle
fattispecie in esame.
Nel merito, la domanda attrice si fonda sull’assunto che il
convenuto, medico di medicina generale (MMG) in rapporto di convenzione con il
Servizio sanitario nazionale, avrebbe causato all’erario un danno prescrivendo
ai propri pazienti farmaci a carico del suddetto SSN in violazione della
normativa vigente.
La fattispecie rientra in una tipologia già esaminata da questa
Sezione (cfr. sentenze n. 9/2010, 404/2010, 374/2011, 726/2011), la quale ha
espresso un orientamento giurisprudenziale che, nelle sue linee generali, va
integralmente confermato.
Si è intanto precisato che la normativa applicabile è quella che
ha
posto limiti alle
prescrizioni di medicinali. Tra le norme in questione, si rammentano l’art. 1,
co. 4, del d.l. 20 giugno 1996 n. 323, convertito in l. 8 agosto 1996 n. 425,
con il quale, premesso che la prescrizione dei medicinali rimborsabili a carico
del Servizio sanitario nazionale deve essere conforme alle condizioni e alle
limitazioni previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco
(CUF, ora AIFA) e che gli appositi moduli del SSN non possono essere utilizzati
per medicinali non ammessi a rimborso, si è stabilito che “il medico è
tenuto a rimborsare al Servizio sanitario nazionale il farmaco indebitamente
prescritto”; l’art. 3 della l. 8 aprile 1998 n. 94, secondo il quale “il
medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto
industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle
modalità di somministrazione previste nell’autorizzazione all’immissione in
commercio rilasciata dal Ministero della Sanità” (scheda tecnica
ministeriale); l’Accordo collettivo nazionale reso esecutivo con il D.P.R. 28
luglio 2000, n. 270, che, dopo aver definito, all’art. 15-bis, co. 1, il MMG
come colui che, tra l’altro, “assicura l’appropriatezza nell’utilizzo delle
risorse messe a disposizione dalla Azienda per l’erogazione dei livelli
essenziali ed appropriati di assistenza…” aggiunge, all’art. 36, che “la
prescrizione dei medicinali avviene, per qualità e per quantità, secondo
scienza e coscienza, con le modalità stabilite dalla legislazione vigente nel rispetto
del prontuario terapeutico nazionale, così come riclassificato dall’art. 8
della legge 24 dicembre 1993, n. 537”.
Nel caso in esame, posto che sono state censurate dalla Procura
regionale
prescrizioni effettuate dal convenuto negli anni 2002-2004, i provvedimenti
della CUF da tenere in considerazione sono contenuti nel decreto del Ministero
della sanità del 22/12/2000 (in G.U. n. 7 del 10/01/2001), recante “Revisione
delle note riportate nel provvedimento 30 dicembre 1993 di riclassificazione
dei medicinali e successive modificazioni”, nel decreto del Ministero della
salute 27/09/2002 (in G.U. n. 249 del 23/10/2002), recante “Riclassificazione
dei medicinali ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, della legge 8 agosto 2002, n.
178”, nel decreto del Ministero della salute 21/11/2002 (in G.U. n. 280 del
29/11/2002), recante “Modificazioni ed integrazioni al decreto 27
settembre 2002 <Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell’art. 9, commi
2 e 3, della legge 8 agosto 2002, n. 178>”, e infine nel decreto del
Ministero della salute 20/12/2002 (in G.U. n. 4 del 07/01/2003), recante “Elenco
dei medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale ai sensi del
decreto del Ministero della salute 27 settembre 2002 recante la
riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9, commi 2 e 3, del
decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito dalla legge 8 agosto 2002, n.
178, pubblicato nel supplemento ordinario n. 200 alla Gazzetta Ufficiale -
serie generale - n. 249 del 23 ottobre 2002, e successive modificazioni”.
Inoltre devono essere tenute in debito conto le c.d. note A.I.F.A.
che sono definite dalla stessa Agenzia Italiana del Farmaco come “… uno strumento normativo volto a definire
gli ambiti di rimborsabilità di alcuni medicinali. Originariamente pensate come
strumento di
governo della spesa farmaceutica, le Note sono progressivamente
diventate un mezzo per assicurare l’appropriatezza d’impiego dei
farmaci, orientando, in alcuni casi, le scelte terapeutiche a favore di
molecole più efficaci e sperimentate. In questo senso, tra gli strumenti che
regolano l’accesso ai farmaci, le Note, più di altre norme, si ispirano ai
criteri della medicina basata sulle prove di efficacia. Si fondano cioè sui
risultati, criticamente valutati, di sperimentazioni cliniche randomizzate e,
possibilmente, multiple. La revisione periodica delle Note risponde, quindi,
appieno all’esigenza di aggiornare le limitazioni rispetto alle nuove evidenze
disponibili nella letteratura scientifica. Nel corso del tempo, infatti, le Note
hanno subito un’evoluzione nei contenuti e nelle finalità, sempre per tenere
conto delle novità emerse sull’efficacia dei singoli farmaci o sulla presenza e
frequenza di reazioni avverse”.
Tanto precisato, secondo la Procura attrice il danno sarebbe
derivato da una condotta prescrittiva inappropriata rifacendosi al riguardo a
quanto in proposito precisato a più riprese dall’A.S.L. di Varese.
Al riguardo il Collegio deve rilevare che la domanda attrice
risulta sfornita di fondamento per mancanza di prova della condotta
antigiuridica.
Ciò perché facendo corretta applicazione delle norme in tema di
distribuzione dell’onere probatorio tra le parti (art. 2697 c.c.), deve infatti
ritenersi che nel caso di specie, non spetti al medico convenuto di provare che
i pazienti soffrissero effettivamente di patologie
rientranti tra
quelle indicate dalle note CUF nn. 2, 5, 48 e 48 bis –
onere che oltre
tutto, per incidens, sarebbe comunque
assai difficile assolvere, dato il lungo tempo trascorso dai fatti – ma viceversa
sia l’attore a dover provare il contrario.
Il fondamento della domanda proposta è infatti che le prescrizioni
siano state effettuate al di fuori dei casi contemplati nella nota CUF di
riferimento o, per riportarsi (in negativo) alla dizione normativa, che non
siano state “conformi alle condizioni e alle limitazioni previste dai
provvedimenti della Commissione unica del farmaco” (art. 1, comma 4 D.L. n.
323/1996 cit.). Di tale fatto andava quindi fornita la prova certa, che non è
stata data, essendosi dimostrato, tutt’al più, che le patologie diagnosticate
avrebbero potuto non essere tra quelle elencate dalle note sopra richiamate.
A questo proposito, non rileva che quello posto a fondamento della
domanda sia un fatto negativo, perché, come precisato dalla Corte di
cassazione, ciò non implica alcuna inversione dell’onere probatorio ma solo la
necessità, per la parte onerata, di provare i fatti (positivi) ad esso contrari
(ex multis, sentenza n. 4336 del 09/04/1993).
Nel caso specifico, la prova sarebbe data dall’assenza di
documentazione (diagnostica strumentale, indicazione specialistica, ecc.) che
dimostri l’esistenza delle patologie che avrebbero giustificato la prescrizione
dei farmaci.
Ma tale fatto non costituisce dimostrazione, neppure di tipo
presuntivo, di quello contestato, considerando, per un verso, che non è obbligo
del medico conservare copia di referti o prescrizioni di
medici specialisti
o quant’altro, per altro verso che l’assenza di
riscontro negli
archivi della ASL di esami o visite specialistiche non è significativa (non
potendosi escludere che il paziente li abbia effettuati a proprie spese).
La stessa ASL, si limita a rilevare che non vi sono dichiarazioni
o documenti che indichino l’osservanza delle note CUF.
Infine,
per quanto riguarda le quattro ricette prescritte dal Borgese quando i pazienti
risultavano essere ricoverati deve rilevarsi che effettivamente in uno dei
quattro casi in contestazione il ritiro in farmacia del farmaco prescritto
risulta essere successivo al periodo di ricovero.
Per
gli altri tre casi invece il fatto che le ricette siano state prescritte mentre
il paziente era ricoverato risulta essere elemento al limite solo indiziario dell’inappropriata
prescrizione, ma non può certo assurgere a piena prova della condotta
antigiuridica contestata in questa sede.
Infatti,
non è possibile escludere a priori che i farmaci pur in costanza di ricovero
siano stati correttamente prescritti in assenza degli stessi presso l’Ospedale
o che comunque sia un errore materiale certamente verificabile (in casi
limitatissimi come nella specie) considerato il numero di pazienti in carico al
Dott. Borgese.
La domanda della Procura deve quindi essere rigettata.
Di conseguenza, vanno liquidati onorari e diritti nei riguardi
della difesa del convenuto, stante il proscioglimento nel merito.
A tal proposito il Collegio, tenuto conto della natura e
dell'oggetto
della causa,
ritiene che dette competenze possano essere liquidate
nell’importo
complessivo pari ad euro 2.000,00 (euro duemila//00), di cui euro 1.500,00
(euro millecinquecento//00) per onorari ed euro 500,00 (euro cinquecento//00)
per i diritti spettanti al difensore del convenuto. Ai predetti importi deve
anche aggiungersi il 12,50% di spese generali, l’I.V.A. e la C.P.A..
P.
Q. M.
La Corte definitivamente
pronunciando rigetta la domanda proposta nei confronti del Dott. Silvio Borgese.
Pone a carico dell’A.S.L. di Varese,
ai fini del rimborso previsto dall’art. 3, comma 2-bis del D.L. n. 543 del 23 ottobre 1996, conv. con legge n. 639 del
20 dicembre 1996, le somme che detta Amministrazione è tenuta a pagare per
onorari e diritti di difesa, così come liquidate in motivazione.
Così deciso in Milano, nella camera di
consiglio del 9 marzo 2016.
IL GIUDICE ESTENSORE
IL PRESIDENTE f.f.
Eugenio Madeo Luisa Motolese
Depositata
in Segreteria il 12/04/2016
IL DIRIGENTE